La Santanchè è solo un pretesto, una sua coerenza oltretutto ce l'ha: sono le parole in generale (ciò di cui viviamo peraltro noi giornalisti) a sembrarmi sempre più irrilevanti rispetto alla formazione di una pubblica opinione. Le parole sono ormai troppe, milioni: tutti dicono tutto e nessuno ricorda nulla. In Tv sono solo un corredo dell'immagine, battute che sconfiggono contenuti. Non importa a nessuno che cosa dicevi o sostenevi: importa che cosa dici che farai in quel preciso momento.
E non ho idea se il cattivo saldo tra il detto e il ridetto, tra il detto e il fatto, tra quanto promesso e quanto mantenuto,sia il lascito diunavecchia cultura democristiana oppure un' inestirpabile peculiarità italiana o forse il cinico segno di una civiltà intera.La virtù degli imbecilli
Scrivere un articolo
sulle incoerenze di
Daniela Santanchè, per
esempio, sarebbe facilissimo: già ne scrissi uno quando lei passò alla
Destra. Domani
magari ne scriveranno uno quelli della
Destra, è solo una questione di punti di
vista, lo schema resta rudimentale: si
prendono dichiarazioni rilasciate in periodi
diversi (su Berlusconi, sul Fascismo, su
La Russa, su Billionaire, su qualsiasi cosa)
e si mettono a confronto: dopodiché
ciascuno rileverà ciò che vuole. Noi giornalisti
abbiamo fatto milioni di articoli del
genere, e però ho come l'impressione che
di certe incoerenze ormai non freghi più
niente a nessuno.
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