Vittima della fabbrica del fango solo perché sono di centrodestra

Ha ragione Saviano quando parla di macchina del fango. Ha ragione perché un certo giornalismo predilige la calunnia alle indagini che si alimentano di notizie e rumors. La calunnia è un’arte finalizzata all’eliminazione dell’avversario politico, coltivata nel rancore e nutrita attraverso la falsa rappresentazione della realtà. Si nutre di un episodio, di un singolo fatto. Un fatto che viene estratto ad arte da un contesto, elevato alla potenza e reiterato ai lettori per tempo. L’obiettivo è decretare la morte civile e politica dell’avversario. La calunnia non parte dal nulla, anzi. Basta prendere un’indagine giudiziaria di un Palazzo di Giustizia qualsiasi, ad esempio Milano. E soprattutto un politico, un assessore regionale di un territorio a caso. Chessò la Lombardia tanto per fuggire dai facili luoghi comuni. Ed ecco che il calunniatore trova il nome del suo obiettivo. Basta essere stati contattati da un «colletto bianco», un imprenditore che chiede e chiede favori. In cambio è pronto a sostenere iniziative non solo elettorali in un certo comune della periferia di una città a caso, come Milano. Allettante proposta per chi fa politica, per chi si deve relazionare con la società civile direte voi. Solo che questo signore, questo «colletto bianco», è il mandatario di un’associazione criminale. Difficile se non impossibile saperlo prima per il nostro politico. Escludere da un colloquio o da una cena un signore perché calabrese, pugliese, campano o siciliano, così da non correre rischi, sarebbe invece facile.
È un luogo comune no? Sono tutti così e cosà in quelle regioni. Oppure è meglio dare retta a Saviano quando dice che anche al Sud c’è tanta gente onesta? Ecco questo è il primo dilemma per il nostro candidato. Ma la riposta più autentica risiede nel capire cosa si nasconde dietro alle richieste del nostro interlocutore. La risposta del politico è no, non mi fido. Ecco che prevale l’intuito, l’etica. Nessuna concessione, nessun favore. Lo ammette ai magistrati anche il «colletto bianco», una volta arrestato. Ma come d’incanto la macchina del fango entra in azione. Il nome del politico figura sempre lì in bella mostra sulla carta stampata. Giornali come, tanto per fare sempre degli esempi, la Repubblica o l’Unità o ancora Il Fatto Quotidiano. Scampoli di quel sempiterno manicheismo di una certa parte politica. Non c’è indagine, non c’è reato, non c’è avviso di garanzia, ma il malcapitato resta immortalato nel pantheon dei dannati. Colpevole di esserci evidentemente, essere nel centrodestra e non altrove.
Qualcuno mi sussurra all’orecchio che è una guerra: questo sono le regole del gioco. Ma io non mi rassegno. Ha ragione Saviano, questo è un sistema malato. La macchina del fango colpisce inesorabile. Ma altrettanto forte deve essere la risposta civile di chi ha fiducia nella magistratura e non vuole subire. Quel politico sono io, cari lettori.

E non mi rassegno a questo gioco perverso. Non basta il patentino dell’antimafia per essere onesti. Anzi troppo spesso chi sbandiera questa etichetta considera superflua l’onestà.
*Assessore al Commercio

della Regione Lombardia

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