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Vittorio Malacalza, l’imprenditore che ha ancora il vizio di sorridere

Vittorio Malacalza, l’imprenditore che ha ancora il vizio di sorridere

(...) solo, direi che è la sua capacità di sorridere. Malacalza è uno che sorride con il corpo, sorride con lo sguardo, sorride con le parole, sorride con l’accento. Sorride con il sorriso, ovviamente.
E proprio questo, la capacità di sorridere, è una forza straordinaria, così vicina alla bellezza di Genova (come si può non sorridere aprendo la finestra e guardando il cielo e il mare?), così lontana dalle miserie e dalla musoneria di una certa Genova. Forse, chissà, anche il sorriso di Vittorio è uno dei motivi per cui non è stato eletto presidente dell’Unione industriali nonostante un’indicazione quasi plebiscitaria nella fase delle consultazioni. Forse, chissà, anche il sorriso di Vittorio è uno dei motivi per cui ha dovuto emigrare alla Spezia perchè non ha avuto i 20mila (20mila, non 200mila!) metri quadrati di banchina che gli servivano per caricare i magneti della sua Asg e portare a Genova almeno cento posti di lavoro superqualificati e una delle imprese più tecnologicamente avanzata del mondo, tanto da essere uno dei partner principali dell’acceleratore del Cern di Ginevra.
Vittorio Malacalza è così. Perfetto nel suo ruolo di vero uomo forte della Pirelli, partner di Marco Tronchetti Provera, sempre più inserito nel salotto buono della finanza italiana, ma che non dimentica il salotto buono delle sue case a Genova e a Bobbio. Aiutato in questo anche da una moglie straordinaria, un’altra che - con gli anni - non ha smarrito il sorriso. Ed è la più bella delle conquiste, ed è la più bella delle bellezze. Quasi una conferma del fatto che, a fianco di un grande uomo, spesso c’è una grande donna. (E, da qualche tempo, in prima fila, anche i figli: Davide e Mattia, sempre più inseriti nelle aziende di famiglia, in ruoli operativi e non onorifici).
Vittorio Malacalza è così. Capace di parlare di un ruolo che sembrava essere eminentemente finanziario - come l’ingresso in Camfin, che di Pirelli è la cassaforte e che le quote di casa Malacalza hanno fatto volare - in chiave industriale. E, parlandoci, ti rendi conto che è tutto vero: che, per lui, dire Pirelli non vuol dire listini di borsa, partecipazioni, assemblee, presidenze e vicepresidenze, ma dire profumo di gomma, di cavi tagliati, di copertoni, d’azienda.
Ecco, Malacalza è un imprenditore vero. Uno che entra in fabbrica e ha la stessa reazione di Marylin quando indossa qualche goccia di Chanel numero 5. Uno che parla con i suoi operai e, se c’è un problema, si risolve insieme. Uno che si è messo a lavorare a ventun anni dopo la morte improvvisa di suo padre e che non ha più smesso, nemmeno nelle vacanze di Natale. Uno che pensa che le aziende non si co-gestiscano, ma che si rende conto che la vera forza è remare tutti dalla stessa parte. Uno che ha il coraggio di dire - perchè ci vuole coraggio - che «se non c’è etica nelle aziende non si prospera», come ha dichiarato in un’intervista a un mensile, Il potere. Spiegando: «Penso, e forse il ragionamento è estremo, che l’impresa in cui sono impegnato non è mia, ma di tutti».
Il resto discende tutto da qui, da questa concezione. Ad esempio l’ultima carica, che sta trasformando il suo biglietto da visita in una specie di romanzo a capitoli: presidente di Hofima (la holding di famiglia che raggruppa tutte le attività), vice presidente di Pirelli, consigliere di amministrazione in Camfin e, da qualche giorno, consigliere di amministrazione pure della Carispe, la Cassa di risparmio della Spezia, a conferma del legame sempre più stretto della città che l’ha adottato, anche grazie ai fondi disponibili per le aree dell’ex San Giorgio. Un ruolo commentato con la consueta sobrietà, ma probabilmente anche con un sorriso che traspare persino dai comunicati scritti diramati dai suoi attivissimi e efficientissimi dioscuri della comunicazione Luca Pezzoni e Stefania Grazioso Alioto: «Si tratta di una nomina che mi consente di portare il mio contributo da imprenditore attivo da oltre quarant’anni nella piccola e nella grande azienda. Questo mio nuovo impegno si aggiunge agli investimenti sul territorio delle aziende di famiglia e rappresenta un ulteriore segno di collaborazione con il tessuto economico e produttivo ligure».
Perchè proprio qui sta il segreto del sorriso di Malacalza. Che sorride anche con la testa. Che non fa a tempo a concludere un business - come la vendita agli ucraini delle sue acciaierie acquistate quando erano in amministrazione controllata e arrivate al 5 per cento del mercato europeo dell’acciaio - e già pensa all’affare successivo. Pirelli, certo.
NonsoloPirelli. Ad esempio, l’ingresso nei mercati tecnologicamente più avanzati, che hanno portato il gruppo Hofima ad essere uno dei partner obbligati del Festival della Scienza, coinvolgendo fra l’altro anche piccole imprese di giovani genovesi, come l’Ett, a cui è stata affidata la grafica innovativa delle bellissime lavagnette nello stand, capace di far passare il concetto di «interattività» come una cosa da bambini. E così, una alla volta, ad Asg Superconductors - che sarebbe l’ex unità magneti di Ansaldo Energia - si sono aggiunte anche Columbus Superconductors, che produce cavi in MGB2 - diroruro di magnesio (non chiedetemi cos’è, ma quelli che ne capiscono mi assicurano che si tratta di roba di assoluta eccellenza tecnologica) e Paramed, un’azienda di sistemi biomedicali e risonanza magnetica innovativa. Insomma, una sorta di “filiera della superconduttività“, qualcosa che ha portato a Genova vere e proprie eccellenze mondiali.
Il sorriso di Vittorio Malacalza è un sorriso che può essere la vita di Genova. Un sorriso che cammina sulle gambe di idee che potrebbero essere una rivoluzione genovese. Sentite questa, sempre nella stessa intervista: «Penso a imprenditori piccoli da mettere in un progetto che è sicuramente più difficile da realizzare delle grandi operazioni finanziarie. È difficile fare le piccole cose. A me piacerebbe realizzare a Genova un’iniziativa piccola, la definirei magari come un’impresa sociale». Un sogno, anche a raccontarlo, figuriamoci a viverlo e ad esserne parte.
Mica finita. Il sorriso di Vittorio Malacalza è anche il sorriso di chi vorrebbe che il suo sorriso (e scusate i giochi di parole) fosse condiviso, «che ci fosse dialogo fra i vari partner».

Il sorriso di chi, ad esempio, non ha problemi a riconoscere i meriti dei manager delle Partecipazioni Statali che, in passato, hanno fatto grande l’industria genovese. Il sorriso di chi non vive sulla politica: «Noi non abbiamo bisogno di consenso, la politica ci vive».
Un sorriso contagioso.

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