«Vivo in un corpo estraneo» Le poesie inedite di Norma

Era mancina, aveva gli occhi marroni, «un seno di granito e un cervello di groviera« (Billy Wilder), due gambe che rivaleggiarono per buona parte del secolo scorso con quelle di Marlene Dietrich, e Hollywood le diede tanto la vita quanto la morte. Consumava scatole di antidepressivi, si accoppiava con chiunque o quasi, i fattorini della pizza che seduceva sulla porta di casa quasi non ci credevano. Con l'arte di oggi aveva profondamente in comune un'essenza specifica, e per indicarla potremmo usare le parole che Piergiorgio Bellocchio le dedicò nel suo necrologio: «la notevole coscienza di essere una "merce" e la naturale incapacità di esserlo in modo completo e soddisfatto. In questo senso era una vivente protesta - anche se involontaria - contro il sistema». Ispirò, pure dopo morta, artisti (Andy Warhol tra tutti), romanzieri (Norman Mailer, Joyce Carol Oates), filosofi (Jean Baudrillard).
A tempo perso, Marilyn Monroe scrisse anche poesie. Un giorno del 1974, a New York, l'artista italiano Omar Ronda le trovò per caso pubblicate in un piccolo libriccino. «Era già una mia ossessione "buona", Marilyn - ci racconta Ronda -. Ognuno ha le sue: Lucio Fontana aveva i tagli, Capogrossi le forchette, io, lei. Ho realizzato quasi 1000 opere usando tutto il materiale che riuscivo a scovare: sue fotografie, suoi film, e quando mi imbattei nelle poesie ebbi un'altra serie di illuminazioni artistiche». Le possiamo vedere da domani sera esposte alla galleria Tornabuoni Arte, per la mostra che Ronda ha intitolato «Marilyn forever»: 50 quadri abbinati alle poesie dell'attrice, tradotte e pubblicate anche nel catologo di 400 pagine. I quadri seguono la tecnica tipica di Omar Ronda, detta «frozen», una cosa da piccolo chimico: «Prendo polietilene, metacrilati, polistirene - continua Ronda -, li fondo a 250 gradi e calo in questo blocco gelatinoso le immagini, le fotografie, gli oggetti alla base della mia idea. Tutto questo perché da piccolo, sulle montagne piemontesi, mi divertivo a pulire e lucidare le pozzanghere ghiacciate: rimanevo ore a osservare nel ghiaccio le foglie, i giornali, gli insetti immobilizzati dal gelo. Fu la mia precoce accademia artistica». Ultimamente, al festival di Venezia, Angelina Jolie, per dirne una, è finita nella lunga lista dei Frozen Portraits di Ronda, su commissione del vecchio socio di Bill Gates Paul Allen. Insieme a lei, Monica Bellucci, Ambra, Dario Fo: opere che di norma vanno all'asta a 15mila euro l'una. Non male per il fondatore, nel 1993, della Cracking Art, movimento artistico molto pop (leggi «popular») che miscela antropologia e culto della plastica: fin dal nome, infatti, ricorda il processo petrolchimico in cui vengono spaccate le catene chimiche del greggio per trasformarlo nella cosiddetta «virgin nafta«.
Le poesie che accompagnano le opere di Ronda sono poche, semplici, tristi e adolescenziali, buttate giù tra la fissità attonita dell'innocenza e la nostalgia della perdita. Facile, leggendole, pensare a un'anonima e disgraziata Norma Jean Baker - vero nome dell'attrice, nata a Los Angeles nel 1926 - piuttosto che alla svolazzante, sorridente e sensuale Marilyn Monroe che ancora oggi vive nell'immaginario collettivo.

A Norma, perdoniamo ingenui foglietti del tipo: «Come sono belli gli uccelli che volano! Perché li uccidono?». Mentre guardiamo stupefatti a quella Marilyn che scriveva: «Perché la mia anima vi fa orrore come gli occhi delle rane sull'orlo dei fossi».

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