Voleva il tritolo in Duomo Il barbiere di viale Jenner spedito (libero) in Tunisia

Tra il ’97 e il 2001 era stato il barbiere della moschea di viale Jenner. E, con i complici di una cellula terroristica assoldata da alcuni «teorici» estremisti che frequentavano il centro culturale milanese, aveva progettato di sequestrare l’equipaggio di una volante della polizia per poi riempire la vettura di esplosivo mandandola a schiantarsi contro il Duomo. Adel Ben Mabrouk, il tunisino arrivato in Italia nel novembre 2009 dal carcere cubano di Guantanamo insieme al connazionale Ben Mohamed Riadh Nasri perché la magistratura italiana ne aveva chiesto l’estradizione, il 7 febbraio era stato scarcerato dalla casa circondariale di Asti dov’era detenuto e ieri tornato a casa, con un volo decollato in mattinata dall’aeroporto di Roma Fiumicino e diretto ad Tunisi. Secondo il ministero dell’Interno, tutto sarebbe avvenuto per «motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato».
Abel Mabrouk era arrivato in Italia nel ’97 dopo aver passato diversi mesi in un campo di addestramento al confine tra l’Afghanistan e il Pakistan. Dopo il 2001, a causa delle accuse che lo incriminavano, fuggì da Milano e alla fine venne catturato dagli americani e portato a Guantanamo.
Nel carcere cubano Mabrouk ammise di aver usato «almeno 50 nomi diversi quando era in Italia» e aggiunse di aver avuto «qualche piccolo problema con le autorità italiane» anche se, disse «non ho mai ucciso nessuno». Anche perché, nel frattempo, gli investigatori del Gico della Guardia di Finanza, che avevano scoperto i suoi piani terroristici, avevano cominciato a dargli la caccia, inducendolo a lasciare Milano.
Nel giugno del 2007, intanto, il gip Guido Salvini, su richiesta del pm Elio Ramondini, aveva emesso un’ordinanza di custodia cautelare contro il barbiere della moschea e i suoi complici per associazione per delinquere, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e altri reati aggravati dalla finalità di terrorismo. Le indagini del Gico - anche grazie alle dichiarazioni di Chokri Zouaoi, uno dei pentiti milanesi arrestati in quel periodo che aveva parlato di progetti di attentati e le cui ammissioni trovarono conferma in alcune lettere che aveva ricevuto da Mourad Trabelsi, allora imam di Cremona e anche lui finito in manette - erano andate molto a fondo. In particolare avevano accertato che Ben Mabrouk aveva fornito supporto logistico a una cellula del gruppo Salafita per la predicazione e il combattimento, che avrebbe reclutato persone destinate al martirio nei paesi in guerra. Per autofinanziarsi il gruppo ricorreva anche allo spaccio di droga.
Così, con la richiesta di estradizione, Adel Ben Mabrouk e Ben Mohamed Riadh Nasri nel novembre 2009 arrivarono in Italia. E lo scorso febbraio Mabrouk è tornato libero. Infatti, è stato giudicato colpevole dal gup di Milano, Maria Vicidomini, che lo ha condannato a due anni per associazione per delinquere aggravata dalle finalità terroristiche.

Ma lo stesso gup ha accolto la richiesta di attenuanti generiche del pm Armando Spataro, sollecitata in considerazione del fatto che la carcerazione sofferta nella base statunitense «non è concepibile – parole di Spataro – in una democrazia». Risultato? Sì alla sospensione condizionale della pena e via, a casa.

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