Politica

Dal voto nei Comuni il primo giudizio su Prodi

Calderoli: «La gente sta aprendo gli occhi dopo una specie di ipnosi»

Fabrizio de Feo

da Roma

Silvio Berlusconi insiste con la linea dura. Alza i toni. Lancia messaggi di lotta. E suona la carica per «chiamare» il suo popolo alla rivincita dopo la beffa del 9 e 10 aprile. Sull’altro fronte Romano Prodi bacchetta i suoi ministri, impegnati a rincorrersi lungo la Torre di Babele dei mille linguaggi politici dell’Unione. Dedica sguardi distratti alle elezioni romane, milanesi, napoletane, torinesi e siciliane. E si sforza di entrare nell’ambito governativo, stando alla larga dall’eccessiva esposizione e dalla prima linea del voto.
Il Cavaliere e il Professore attendono il verdetto delle amministrative reduci da strategie politiche molto diverse. La Casa delle libertà ha, infatti, impostato questo voto come una sorta di referendum sul governo Prodi, un tentativo di rivincita dopo la beffa subita un mese fa. «Con il voto di domenica e lunedì i moderati dovranno mandare l’avviso di sfratto a questa sinistra, al governo e a questa maggioranza che maggioranza non è. Il 25 giugno con il referendum gli daremo la spallata definitiva» ha attaccato il leader di Forza Italia nei comizi finali tenuti in giro per l’Italia.
Il messaggio è chiaro: le amministrative (che porteranno alle urne oltre 19 milioni di italiani) hanno un valore locale ma anche - e forse soprattutto visto il momento - una valenza politica. Una sorta di partita di ritorno del voto per la Camera e il Senato. Una prima resa dei conti in cui misurare se la navigazione un po’ confusa e schizofrenica del governo Prodi produrrà un contraccolpo nelle urne. «La gente sta aprendo gli occhi, si sta svegliando da una sorta di ipnosi perché si è resa conto che Prodi non ha da dire nulla di concreto» spiega il leghista Roberto Calderoli. Visto nell’ottica del centrodestra lo snodo fondamentale è quello di Napoli. Se un successo nella città partenopea dovesse aggiungersi, in una sorta di tris d’assi, a Milano e alla Sicilia, allora la fragilità del governo unionista balzerebbe agli occhi di tutti. E Berlusconi potrebbe trasformare il referendum di giugno sulle riforme costituzionali in una consultazione contro o a favore di Prodi. Se invece la città del Golfo dovesse rimanere nelle mani di Rosa Russo Jervolino sarebbe più difficile sfruttare quell’effetto trascinamento che soltanto un cambio della guardia a Palazzo San Giacomo potrebbe generare.
Se Berlusconi fa le prove tecniche di spallata, Romano Prodi respinge questa rappresentazione del voto. La missione del Professore in queste ultime settimane è stata quella di mantenere più basso possibile il suo profilo elettorale, esaltando piuttosto il suo profilo di capo del governo. La sua linea è chiara: «Non era stato proprio Berlusconi a dire che basta anche un solo voto per vincere e governare?» ha ripetuto. «Ma quale test politico? Dobbiamo ancora iniziare a lavorare. È solo un passaggio importante».
Una tesi abbracciata solo in parte da Piero Fassino. «La tornata elettorale non è una coda delle politiche di aprile, né una rivincita, ma potrà rafforzare e rendere più solida la maggioranza di governo» dice il segretario dei Ds. «Al voto parteciperanno milioni di elettori. Non sarà indifferente se dalle urne uscirà una conferma per il centrosinistra. Un consenso forte può radicare e consolidare la maggioranza del governo Prodi». Dietro l’ufficialità delle dichiarazioni però la preoccupazione degli esponenti dell’Unione riguarda soprattutto la sfida tra Franco Malvano e Rosa Russo Jervolino. Se per Roma e Torino non dovrebbero esserci problemi - è l’ipotesi che accomuna vari parlamentari del centrosinistra - per Napoli l’esito è più rischioso e la partita viene percepita come apertissima. D’altra parte è proprio con i voti napoletani che Prodi ha vinto.

È grazie alla Campania che il voto al Senato è stato ribaltato. E cadere nella terra che ha regalato la vittoria all’Unione esporrebbe il governo a una delegittimazione di cui un esecutivo che si regge su un pugno di voti non sente affatto il bisogno.

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