Voto di scambio e clan mafiosi È bufera nella cintura torinese

Dopo i veleni la paralisi. Moncalieri è in silenzio davanti alle accuse di interferenze criminali e voto di scambio. Prima la denuncia di un ex assessore comunista, Beppe Artuffo, che ha parlato di una «lobby calabrese» all’opera in Comune, ora nuove pesanti rivelazioni su presunti voti di scambio.
L’esponente di Rifondazione comunista ha lasciato un mese fa l’amministrazione civica di centrosinistra sbattendo la porta. Due giorni fa ha confermato alla Stampa di Torino le ragioni della sua decisione: presa «per evidente impossibilità di cambiare questa città, comandano sempre gli stessi, ovvero i calabresi». Ieri è stato convocato dai carabinieri, che vogliono approfondire il suo discorso sugli «interessi al limite dell’infiltrazione». La maggioranza ha chiesto al sindaco di riaffermare la trasparenza dell’azione amministrativa, su cui al momento non verte alcuna indagine. Ma ieri il quadro si è ulteriormente appesantito con le rivelazioni di un politico di An, che ha parlato al quotidiano torinese di un’offerta ricevuta per le Amministrative 2007: «Due giorni prima dell’apertura dei seggi - ha raccontato l’anonimo candidato, poi non eletto - qualcuno chiamò al telefono la persona che si occupava della mia campagna elettorale. Gli chiesero di incontrarmi in un bar di Moncalieri. Io accettai. Arrivarono un uomo, una donna e un altro che si faceva chiamare “il dottore”. Erano tutti di un paese della cintura. Mi dissero: “Se vuoi essere eletto noi abbiamo la soluzione per te”. Ovvero: “Tu ci dai 1500 euro in contanti e noi ti assicuriamo 200 voti dalla gente di corso Trieste”», la borgata abitata da emigranti.

«Me li ricordo benissimo - dice il politico locale - erano calabresi». Rifiutò, e per questo fu criticato da alcuni compagni di partito: «Sei stato proprio cretino, tanto se non li prendi tu quei voti se li compra qualcuno lo stesso». Gli inquirenti ora cercano riscontri.

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