Vucinic, uno Zorro soffiato a De Laurentiis

Chissà se martedì sera, mentre saliva le scale che collegano gli spogliatoi al terreno di gioco del San Paolo, avrà pensato anche solo per un attimo che quella poteva essere la sua nuova casa. Sì, perchè mentre il divorzio dalla Roma di Mirko Vucinic (dopo cinque stagioni, oltre 200 partite disputate e 64 gol segnati) era ormai nell’aria, il Napoli aveva fatto un pensierino all’attaccante del Montenegro. «È una piazza molto affascinante e un trio con Lavezzi e Cavani sarebbe irresistibile», così il suo agente Alessandro Lucci nella calda estate di calciomercato. E lo stesso patron De Laurentiis all’epoca si lasciò sfuggire che Mirko era uno dei giocatori seguiti (nel caso di partenza di uno dei tre tenori). Addirittura sull’enciclopedia virtuale Wikipedia fu erroneamente indicato come nuovo giocatore azzurro.
Lui invece a fine luglio ha scelto la Juventus, che gli ha garantito 3,5 milioni a stagione per 4 anni dopo averlo pedinato per quasi un mese quando l’addio ai giallorossi stava diventando realtà. Una scelta consigliata dall’ex rossonero Savicevic, ora presidente della federcalcio montenegrina. «Da bambino vedevo il suo Milan e la Juventus di Zidane, ma io facevo il tifo per Savicevic - ha raccontato di recente Vucinic -. Quando sono usciti i primi articoli sull’interessamento della Juve, mi ha chiamato e mi ha detto: "se c’è una possibilità, vacci di corsa, senza pensarci nemmeno un attimo"».
E a Torino si è ritagliato il suo spazio importante. Conte lo ha voluto a tutti i costi e in un mercato da prezzi folli, la società ha speso 15 milioni (la metà di quanto avrebbe pagato Giuseppe Rossi, un terzo di quello che sarebbe costato Aguero). Zorro, come è stato soprannominato nei primi quattro mesi da juventino, arrivava a Torino con l’etichetta di uno che ha movimenti e colpi per innestarsi bene nel progetto tecnico, anche per la sua duttilità (come aveva già dimostrato Spalletti alla Roma). Conte lo ha reinventato esterno e lui ha giocato undici delle 12 partite disputate dalla Juve, segnando anche due gol, uno all’Inter a San Siro e uno al Bologna in casa. Giorno in cui è stato anche espulso, beccandosi pesanti critiche per il suo carattere. «Si vive di luoghi comuni, era il primo rosso della carriera», ha ricordato Vucinic. Perchè si guarda sempre a gioie e dolori del passato.
Già, il passato. A Roma stava bene, fino all’ultima stagione nella quale Ranieri non lo utilizzava con continuità. La tensione con il tecnico, con il quale aveva già discusso, emerge nel match con il Cesena quando dopo essere stato sostituito scalcia un contenitore delle bibite. Nonostante ciò (e la stagione sofferta della Roma) aveva segnato 10 gol, uno nel derby pochi giorni dopo la nascita del primogenito Alexsandar.
«Avevo dei problemi, qui ho ritrovato gli stimoli. E pensare che volevo lasciare l’Italia...», così Vucinic nell’ultima intervista. A Torino vive in centro, nel quartiere Crocetta, dove spesso lo si può trovare al parco con il figlio. Una città più a misura d’uomo e dove «stai più in pace». Anche se a settembre è stato rapinato per strada di un orologio da 20mila euro.

Il suo lancio che ha avviato l’azione del gol di Pepe contro la Lazio e il suo secondo tempo di grande intensità a Napoli, con l’incapacità degli avversari di trovare una contromisura ai suoi movimenti, hanno dimostrato la sua utilità al progetto Juve. E non vuole certo fermarsi qui.

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