MADRID - Al Senato spagnolo lo scorso 19 gennaio è stato un giorno epico. È stato inaugurato il  servizio di interpretariato per consentire ai parlamentari di esprimersi nella propria «lingua».
  In Spagna, infatti, oltre al castigliano (lo spagnolo comunemente inteso) esistono altri quattro  idiomi, le lingue co-ufficiali: il catalano, il basco, il galiziano e il valenciano. Il primo a  prendere la parola sfruttando il nuovo servizio è stato il socialista catalano Ramon Aleu.
 La novità ha suscitato polemiche perché l'ultima «follia» di Zapatero ha un costo un po' elevato  per uno Stato che deve tirare la cinghia per evitare il crac e dove i parlamentari dovrebbero  essere i primi a dare il buon esempio. Si stima, infatti, che si spenderanno circa 350mila euro  all'anno. In pratica, 12mila euro per ogni sessione parlamentare che serviranno a pagare la  trasferta, il vitto e l'alloggio ai 25 interpreti (22 donne e tre uomini) ingaggiati. ai quali  si aggiungono i 4.526,48 euro per i dispositivi con auricolare comperati per i senatori.
 Il primo dibattito multilingue avrebbe dovuto riguardare l'abbandono scolastico e le politiche  per contrastarlo considerato che in Spagna la percentuale di giovani che non arriva al diploma è  molto più alta che nel resto dell'Ue e supera il 20%.
 Ma la senatrice basca Miren Leanizbarrutia ha utilizzato il proprio tempo a disposizione per  difendere la lingua dei Paesi Baschi ricordando le «persecuzioni politche» alle quali furono  sottoposti, durante il franchismo, coloro che non si esprimevano in castigliano.
Il Partido Popular di Mariano Rajoy ha scelto invece di continuare a usare la lingua ufficiale, pur avendo senatori eletti in tutto il Paese, per polemizzare contro la costosa iniziativa definita «una ridicolaggini di proporzioni mondiali».