In relazione alla posizione del Dottor Paolo Pierfrancesco Marussig, prosciolto con sentenza di assoluzione totale, riceviamo e pubblichiamo.
nostro inviato a Palermo
Continuando a far terra bruciata intorno a zu Binnu, Bernardo Provenzano, ormai ci si imbatte quotidianamente in persone a lui vicine, si intuiscono le strategie imprenditoriali dell'organizzazione che dirige, si capisce quanto sia fitta la rete che permette al fantasma di Cosa nostra di sopravvivere in clandestinità curandosi solo degli affari e degli acciacchi di salute. L'ultimissima inchiesta della Dda di Palermo sviluppata in tandem dai carabinieri del Nucleo operativo con i «cugini» della Squadra Mobile, scrive l'ennesimo capitolo dell'infinita caccia all'uomo. Lo fa riscontrando i nuovi segreti disvelati da Francesco Campanella, l'ex presidente del Consiglio comunale di Villabate (sciolto per infiltrazioni mafiose nel 2001) che dopo aver procurato a Provenzano un documento falso per volare a Marsiglia dove farsi operare alla prostata, ha capito che era ora della redenzione singhiozzando davanti alla tv durante le esequie di Papa Wojtyla. Le rivelazioni di Campanella, e del collega collaborante Mario Cusimano, collegano la latitanza del capo dei capi agli interessi dei boss nei confronti di politici, professionisti, commercianti, imprenditori, manager insospettabili come quelli della società romana Asset i cui vertici sarebbero vicini all'editore del quotidiano la Repubblica: il filone principale punta, infatti, alle presunte tangenti ai consiglieri comunali pagate dalla Asset e ai rapporti intrattenuti con i mafiosi per la realizzazione del piano commerciale di Villabate onnicomprensivo di un business center da mille posti di lavoro. Tra le province di Palermo, Catania, Roma, Modena e Ravenna, il pool della Procura composto dai pm Pignatone, Prestipino, Di Matteo e De Lucia ha fatto recapitare diciotto ordinanze di custodia cautelare con accuse che spaziano dall'associazione mafiosa al concorso esterno, dall'estorsione alla corruzione. Oltre ai manager della società romana Pierfrancesco Marussig e Giuseppe Daghino (arrestati per corruzione) in manette sono finiti, fra gli altri, il sindaco Lorenzo Carandino, lex sindaco di Catania Francesco Lo Presti, due architetti e il reggente della famiglia di Villabate, Antonio Mandalà, detto l'«avvocato», padre di Nicola, già arrestato per aver organizzato l'espatrio in Costa azzurra del malconcio Bernardo Provenzano.
A proposito della toccata e fuga in Francia, le 490 pagine del provvedimento restrittivo firmato dal gip Pasqua Seminara ricostruiscono ogni passaggio del viaggio, e del soggiorno a Marsiglia, nell'autunno del 2003. Raccontano ogni cosa: dalla puntata al casinò di Saint Vincent dei picciotti di scorta a Provenzano per brindare alla riuscita dell'operazione, ai festeggiamenti organizzati col rientro del Padrino in Sicilia (il 22 novembre 2003) da una sorta di «comitato d'accoglienza» del quale avrebbe fatto parte anche Salvatore Troia, figlio di quel Gaspare Troia a cui venne intestata la carta d'identità falsificata con la fototessera di Provenzano. Tra gli «accompagnatori francesi» presenti al banchetto figurano tutti personaggi della cosca di Villabate. C'è il reggente, Nicola Mandalà. Ci sono Gioachino Badagliaca, «già incaricato di portare la valigia, il sacchetto, le chiavi e i regali» di Provenzano, e Giampiero Pitarresi, autista di Mandalà. Poi, in un'altra auto, c'è Ezio Fontana, indicato per tenere i contatti utilizzando schede telefoniche pubbliche. In tanti hanno scortato e prestato assistenza a Provenzano quando il 2 luglio 2003 s'è sottoposto a una visita specialistica nella clinica La Ciotat a Marsiglia e il 23 ottobre è finito sotto i ferri nel centro sanitario di Casamance. Fra i tanti c'è la moglie di Salvatore Troia, ovvero la finta nuora del finto Gaspare Troia. Madrelingua francese, la signora Madeleine Orlando ha fatto da traduttrice con medici e paramedici eppoi ha giurato di non sapere chi fosse, in realtà, quel povero vecchio spacciatole dal marito per un lontano parente, un signore taciturno che non spiccicava una parola di francese e nemmeno d'italiano.
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