Alberto Giannoni
«Un ignobile linciaggio mediatico», «una sorta di messa al bando medievale». Non usa mezzi termini l'avvocato Maria Teresa Zampogna, nella lettera indirizzata al presidente della Regione Attilio Fontana. L'avvocatessa scrive spiegando perché ritiene «inevitabile e doveroso non accettare l'incarico» che le è stato conferito. A fine luglio infatti era stata nominata componente del comitato tecnico-scientifico dell'antimafia regionale. Una nomina (all'unanimità) coerente col suo curriculum. Forza Italia, che l'ha designata, ricorda che è responsabile dell'Osservatorio «Doppio binario e Giusto processo» dell'Unione delle camere penali italiane e co-autrice del Dizionario enciclopedico delle mafie. Eppure la nomina non piace a qualcuno, perché - spiega Zampogna - «avendo difeso nella mia carriera anche cittadini imputati di reati di mafia sarebbe incompatibile o, quantomeno, inopportuna la mia presenza» nel comitato. L'avvocato ricorda di essere stata ribattezzata in modo sprezzante «la legale dei boss» e descrive un «agguato» contro di lei. E fra coloro che l'hanno portato avanti cita Monica Forte (5 Stelle) e Nando Dalla Chiesa (ex Pd), rispettivamente presidente della commissione e del comitato. Parla di una «esecuzione sommaria», evidenziando come «sia indegno di un Paese civile che sia accaduto tutto ciò».
Forza Italia è solidale: «Comprendiamo le ragioni che hanno spinto una stimata professionista a non voler sedere a fianco di persone che ignorano le più elementari regole della democrazia liberale» attacca il capogruppo regionale Gianluca Comazzi, che accusa la collega Forte di aver «sfruttato il suo ruolo per ottenere visibilità ai danni di una giurista esperta». Comazzi chiede anche al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede di «intervenire su questa vicenda paradossale».