rom

Viaggio in un campo rom di Giugliano in Campania, nel Napoletano, dove quasi 500 persone provano a tenere lontano il nuovo coronvirus con le preghiere e affidandosi agli infusi delle donna più anziana del gruppo

Agata Marianna Giannino
La pandemia nel campo rom: "Qui lo curiamo con le erbe"

Il distanziamento sociale, la pulizia degli ambienti e l’igiene personale, soprattutto il lavarsi le mani, sono alcune delle regole principali da seguire per prevenire il contagio da Covid-19. Ma in luoghi dove le condizioni igienico-sanitarie sono precarie, dove mancano i servizi minimi essenziali e le abitazioni sono baracche, spesso sovraffollate, queste raccomandazioni diventano difficili da seguire. Siamo stati in un campo rom abusivo, a Giugliano, in provincia di Napoli, un insediamento ai margini della città dove vivono circa 80 famiglie: quasi 500 persone, di cui più della metà sono minori. Loro, hanno saputo dell’emergenza coronavirus dalla televisione, quella che riescono a vedere perché si sono allacciati illegalmente alla rete elettrica. Fino a qualche mese fa nel campo non avevano nemmeno l’acqua corrente. Si contano sulle dita di una mano gli abitanti della baraccopoli che indossano una mascherina. Qualcuno le ha realizzate a mano per i familiari. La paura per il virus c’è ma non ha cambiato i rapporti sociali nell’insediamento. L’unico distanziamento che mettono in pratica nel campo è da quel mondo esterno da cui già erano emarginati

Agata Marianna Giannino
La vita in un campo rom ai tempi del coronavirus

Soltanto l'arrivo di pattuglie di carabinieri, polizia e vigili ha ridimensionato i nomadi. A dare l'allarme tutti gli altri residenti nel noto condominio di proprietà dell'Aler, esasperati dallo "spettacolo" mentre loro restavano regolarmente chiusi in casa seguendo le normative vigenti. Le forze dell'ordine hanno multato una quarantina di persone

Salvatore Di Stefano
Rom di via Bolla festeggiano Pasqua con grigliata e assembramenti
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica