Campioni in campo, campioni nella vita. Storia di assi dello sport - calcio, ciclismo o basket - abituati a misurarsi con gli avversari e i propri limiti, ma capaci anche di sconfiggere un altro nemico: la malattia. Da Lance Armstrong a Eric Abidal, è la storia dei campioni che cadono nell'abisso del dolore e poi riemergono per tornare alle gare.
«La notte è finita», titolano oggi i giornali spagnoli, per raccontare la storia del difensore francese del Barcellona, che 40 giorni dopo l'operazione per asportare un tumore al fegato ha ricominciato a correre ieri sera sul prato del Camp Nou tra gli applausi dei suoi tifosi e l'abbraccio commosso dei compagni di squadra. Gioia ed emozioni forti per un brutto male messo alle spalle, intrecciata alla festa della gente blaugrana per la conquista della finalissima della Champions League contro i rivali di sempre del Real Madrid.
Una vittoria sul cancro nel segno dell'amore del calcio quella di Abidal, ma che si aggiunge a quelle di tanti altri campioni dello sport. A partire dal ciclista Armstrong, capace di pedalare più forte del suo tumore e di andarsi a prendere, dopo il ritorno alle gare, più di un Tour de France: nel '96 una neoplasia ai testicoli lo estromise dal palcoscenico mondiale delle due ruote, ma l'americano lottò, vinse e tornò, diventando un simbolo della lotta contro la malattia.
Malattia sconfitta anche da Lea Pericoli, che ha fatto della lotta contro il cancro, soprattutto attraverso la prevenzione, una sua missione. La tennista milanese superò con successo un tumore al seno, tanto da vincere, pochi mesi dopo, gli Assoluti.
Rapida guarigione da un problema cardiaco per lo sciatore svizzero Carlo Janka, detentore della Coppa del mondo: operato il 23 febbraio scorso per risolvere un problema di aritmia, dopo appena sei giorni è tornato in pista per gli allenamenti e in gara a Kranjska Gora.
La malformazione al cuore non riuscì a fermare neanche l'interista Kanu, che il 2 settembre '96 fu bloccato dallo staff medico nerazzurro. Dopo un'operazione negli Usa, con la sostituzione della valvola aortica, e tanta fatica, il nigeriano tornò ad essere grande nell'Arsenal, dove vinse due campionati e due Fa Cup. A conferma che il cuore matto è problema trasversale, il caso di Roberto Morandotti, ex cestista azzurro e della Knorr: la sua aritmia lo costrinse per due volte a lunghi stop agonistici, aprendo un vero e proprio caso di specie sui nullaosta medici.
Non sono solo il cuore, vero motore di ogni campione, o malattie come il tumore il punto interrogativo che riporta a terra gli atleti dall'empireo della loro potenza. Ne sa qualcosa un mito del basket mondiale, Magic Johnson, fermato nel '91 dalla scoperta della sieropositività all'AIds. Il rientro, un anno dopo, fu bloccato dal no dei compagni di squadra e sul parquet tornò col Dream Team a Barcellona e poi per uno scampolo di stagione nel '96: giusto il tempo per dimostrare di essere vulnerabile sì, ma sempre il più grande.
Da ricordare anche il caso del rugbista neozelandese Jonah Lomu: fermato da una grave nefrite, cercò prima di risolvere il problema con la dialisi, ma poi fu costretto a ricorrere al trapianto di rene.
Incredibile infine l'impresa della nuotatrice sudafricana Natalie du Toit, che riuscì a tornare in vasca e vincere dopo un terribile incidente automobilistico che le costò l'amputazione della gamba sinistra.
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