Adesso An lasci stare mio padre

Voglio innanzi tutto precisare che la frettolosa proposta avanzata da esponenti di An di ricordare mio padre al Famedio non è stata richiesta dal sottoscritto ai quali pertanto chiedo di astenersi dall'intraprendere altre improvvide iniziative. Si sono, infatti, levate anche recentemente voci autorevoli dell'antifascismo, a partire dall'Ambasciatore Sergio Romano e da Giampaolo Pansa, che ne hanno ricordato con grande onestà intellettuale la figura e il contesto in cui venne barbaramente assassinato, sulla traccia dell'auspicio del presidente emerito della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, a costruire una memoria condivisa. È in quel contesto, dunque, che deve maturare la chiusura di una ferita che non è solo mia personale e della mia famiglia.
Credo che a mio padre, sicuramente fascista, vada riconosciuto il titolo di eroe non solo per il suo valore, la sua abnegazione e la sua generosità che gli meritarono come soldato, assieme alla perdita della vista, la Medaglia d'oro al valor militare ma, anche e soprattutto, per come seppe vivere gli ultimi tre anni della sua vita, fino al suo assassinio nell'aprile del 1945.


Il suo tentativo, forse ingenuo, forse velleitario, ma altrettanto sincero e coraggioso, di impegnarsi per la pacificazione della sua generazione, lo portò, come ebbe modo di ricordare e testimoniare l'antifascista Carlo Silvestri, a battersi, da fascista, in più di un'occasione negli uffici delle SS e della polizia fascista per evitare le fucilazioni e le deportazioni di ebrei, di partigiani, di socialisti e comunisti, a rischio della propria personale incolumità.
*Membro della direzione nazionale di An

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