«Adesso vogliamo giustizia» Il Pirellone è con Torregiani

Se Battisti non venisse estradato, «si aprirebbe un precedente pericoloso per tutte le democrazie. Da qui prosegue la mia battaglia». È questo uno dei principali motivi per cui Alberto Torregiani, il figlio del gioielliere ucciso nel 1979 dai Pac (Proletari armati per il comunismo) in cui militava Cesare Battisti, si augura che ci sia al più presto una riforma della giustizia. L’uomo, che nell’omicidio rimase paralizzato da un colpo di pistola, ha anticipato i contenuti del suo intervento di mercoledì a Strasburgo davanti ai vertici della Regione Lombardia, in una sorta di prova generale prima di parlare davanti ai membri del parlamento europeo. «È giusto che chi sbaglia paghi» ha detto con forza, sollevando ampi consensi al Pirellone. Tant’è vero che oggi il Consiglio regionale discuterà e approverà una mozione bipartisan per chiedere l’estradizione di Cesare Battisti dal Brasile: il documento sarà inviato al ministero degli Esteri, al console del Brasile in Italia, all’Alta corte europea dei diritti dell’uomo e alle altre assemblee regionali «perché - spiega il presidente dell’aula Davide Boni - siamo convinti che la giustizia debba trionfare». I consiglieri lombardi vogliono in questo modo dare il loro supporto all’azione del governo. D’accordo Filippo Penati (Pd), vice presidente del Consiglio regionale, che ha spiegato: «Tra un mese e due giorni saranno passati 31 anni dalla morte del gioielliere Torregiani, ma in questo arco di tempo non si è potuto avere giustizia perché il mandante di quell’esecuzione si è sottratto alla giustizia con il pretesto di essere un rifugiato politico». Il vicepresidente Franco Nicoli Cristiani ha ribadito che «c’è poco da discutere su questa vicenda che riguarda un volgare assassino. L’estradizione è un atto di giustizia nei confronti delle vittime e dunque vanno messe in campo tutte le azioni affinché Battisti venga estradato». Torregiani, che ha dichiarato di essere perfino pronto, se necessario, ad andare in Brasile, ha anche incontrato, per un colloquio privato, il presidente Formigoni. «Il no del Brasile - ha detto il figlio del gioielliere - non è il fermo rifiuto che arriva da uno Stato ma solo da un gruppo, formato da solo 4/5 persone, che gestisce il potere in modo personale. La gente, il popolo brasiliano è con me e il governo italiano e non è contrario all’estradizione di chi ha ucciso mio padre. Questa non è una battaglia di destra o sinistra. È una lotta per il trionfo della giustizia».


«Ci sono già quattro o cinque Paesi - dirà Torregiani a Strasburgo - che si stanno muovendo nella direzione in cui ci stiamo muovendo noi». Oltre a lavorare sul fronte europeo, Alberto Torregiani è anche impegnato per organizzare una manifestazione nazionale tra gennaio e febbraio.

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