Alle urne quattro su 10 ma tiene il «sistema Pd»

Al voto sotto il 40 per cento, ma nemmeno le indagini della procura di Monza che a Sesto san Giovanni hanno scoperchiato il verminaio della mazzettopoli rossa, convince l’elettorato di sinistra a cambiare strada. E così l’assessore uscente alla Cultura Monica Chittò (nella foto) diventa sindaco di quella che nonostante tutto sceglie di rimanere la Stalingrado d’Italia. Per lei vittoria al secondo turno con il 69,4 per cento, mentre Franca Landucci la brava professoressa di storia antica alla Cattolica candidata dal Pdl si ferma al 30,6. Con l’unica soddisfazione di aver costretto la sinistra ad andare al ballottaggio dopo 18 anni di vittorie al primo turno. E allora a essere rimandato fu proprio quel Filippo Penati diventato l’epicentro del sistema Sesto tutto «calce e mazzetta» che secondo i magistrati monzesi ha per decenni incrociato gli affari degli imprenditori locali con gli interessi dei politici rossi. Fino alle indagini sui conti poco chiari di Penati (braccio destro di Pierluigi Bersani) e all’arresto per tangenti di Pasqualino Di Leva, l’assessore all’Urbanistica che nella giunta del sindaco Oldrini (pure lui indagato) sedeva a fianco di quella Chittò oggi diventata sindaco solo perché lo stesso Oldrini aveva già consumato i suoi due mandati. Perché a Sesto, aveva denunciato la Landucci, a sinistra «vige la pratica della rimozione»: il compagno che sbaglia, così come nell’Unione sovietica dei tempi d’oro, viene semplicemente cancellato dalle foto ufficiali e nessuno nemmeno più lo nomina. Mentre il sistema va avanti.

E così la Chittò riconsegna, così come avviene ininterrottamente dal dopoguerra, Sesto alla sinistra grazie all’appoggio di Pd, IdV, Sel, Federazione della sinistra e Socialisti per Sesto. Per la Landucci e il centrodestra la consolazione di essere passati dal 16,9 per cento del primo turno al 30,6 del secondo.

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