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Baseball, arriva lo sponsor sulle maglie. Costerà l’anima allo "sport americano"?

La stagione del baseball, che parte oggi, sarà la prima con i loghi degli sponsor sulle maglie delle storiche franchigie della MLB. Quali saranno le conseguenze per il "passatempo nazionale", lo sport più tradizionale e caro all'America profonda?

Baseball, arriva lo sponsor sulle maglie. Costerà l’anima allo "sport americano"?
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L’arrivo della primavera, almeno per gli amanti degli sport americani, vuol dire solo una cosa: l’inizio della regular season della MLB, il massimo campionato dello sport più americano che ci sia, il baseball. Anche se dalle nostre parti rimane solo una passione da iniziati, oltreoceano è tuttora uno degli sport più tradizionali, capace di suscitare passioni intensissime. Eppure, spinto dalla pressione di discipline più alla moda, anche quello che veniva definito il “passatempo nazionale” è stato costretto ad adeguarsi ai tempi.

A partire da questa stagione, infatti, le iconiche magliette delle franchigie MLB porteranno i loghi di vari sponsor. Questa mossa, annunciata l’anno scorso, ha causato molte discussioni tra gli amanti di questo sport. Il timore è che inseguire la modernità finisca per costare l’anima e quel rapporto intimo con l’America profonda che aveva fatto la fortuna di questa disciplina nata quasi per caso.

Una rivoluzione silenziosa

La notizia era uscita nella primavera dell’anno scorso ed era passata quasi inosservata, come succede spesso alle nostre latitudini per tutto quello che riguarda quello che il grande poeta Walt Whitman definiva lo sport americano per eccellenza. Eppure, anche per chi ha magari solo sentito parlare del mito di Joe Di Maggio o delle varie maledizioni, questa è una notizia storica. Nessuno degli sport professionistici a stelle e strisce è stato in grado di resistere alla modernità come il baseball. Le divise, i nomi, i colori sono sempre gli stessi di più di un secolo fa, quando le partite a malapena venivano trasmesse alla radio ed i giocatori guadagnavano cifre molto più umane. Magari cambiano di città, come successo ai Dodgers passati da Brooklyn a Los Angeles, ma le squadre di baseball sembrano vivere in un universo parallelo, del tutto fuori dal tempo. In quale altro sport le statistiche di giocatori di più di un secolo fa riescono ad essere messe a confronto senza sorridere con quelle di chi scende in campo ora? Solo nel baseball.

Bader Astros Yankees

I tempi, però, cambiano per tutti e dopo il via libera della Major League Baseball, una dopo l’altra le varie squadre hanno annunciato che nella stagione 2023 mostreranno sulle candide divise dei giocatori i marchi di quegli sponsor disposti a pagare profumatamente per il privilegio di essere associati a questa o a quella franchigia. Il fatto che non sia una scelta apprezzata da tutti si nota anche da come, invece degli invasivi marchi del calcio, lo sponsor sia relegato sulla manica delle divise, dove in Europa di solito si trova il logo della competizione. L’ultima squadra ad annunciare l’accordo era stata, lo scorso 4 febbraio, la seconda franchigia di Los Angeles, gli Angels, che porteranno il marchio di una ditta californiana, la Foundation Building Materials.

Non si sa bene quanto abbiano pagato per avere il loro logo sulle divise ma abbastanza per diventare il più grande sponsor degli Angels. La visibilità certo non gli mancherà, dato che il marchio sarà ben visibile per ognuna delle 162 partite della stagione regolare e, se le cose andranno secondo i piani, anche nei playoff del prossimo autunno, eventi ancora in grado di far registrare ascolti da record.

Sponsor sì, ma non intrusivi

La franchigia californiana è una delle poche ad aver reso noti nuovi accordi di sponsorizzazione, nello specifico Arizona con la compagnia di elettronica Avnet, i Boston Red Sox con la compagnia di assicurazioni Mass Mutual ed i San Diego Padres con la Motorola. Altre franchigie hanno attirato sponsor più mainstream, i supermercati Kroger nel caso dei Cincinnati Reds o la ditta del settore energetico Oxy Energy nel caso degli Houston Astros.

Secondo uno studio pubblicato lo scorso autunno dalla Nielsen, queste sponsorizzazioni, anche se molto meno intrusive di quelle del calcio, potrebbero portare parecchi soldi nelle casse delle varie franchigie. Se tutte le squadre firmassero dei contratti in tempo, il ritorno sarebbe di ben 371 milioni di dollari solo per la regular season. Anche se non sembrano granché, queste toppe sulle maniche sarebbero più visibili anche dei ben più intrusivi marchi del calcio e sarebbero meglio accettate dai tifosi proprio perché considerate più rispettose.

Astros Yankees

Almeno a giudicare dagli studi di settore degli anni scorsi, a parte la visibilità durante le dirette televisive e nelle foto pubblicate in rete, le sponsorizzazioni alle squadre sportive rimangono uno dei metodi più efficaci per fare pubblicità al proprio brand. Secondo il rapporto Trust in Advertising, pubblicato dalla Nielsen nel 2021, mettere il proprio logo su una divisa da gioco è secondo solo alle raccomandazioni da amici e familiari in quanto a fiducia. Almeno in America, l’81% dei consumatori ha dichiarato di fidarsi in tutto o in parte dei marchi associati alle squadre del cuore. Ovvio, quindi, che anche società non avvezze a questo tipo di sponsorizzazioni si siano fatte avanti. Lo sponsor degli Angels, la FBM, si occupa di materiali da costruzione ed ha 280 negozi negli Stati Uniti ed in Canada, il che è stata una delle ragioni per questa mossa. Secondo il Ceo Ruben Mendoza, “gli Angels giocheranno contro ognuna delle altre franchigie della MLB, un fattore che sarà molto utile per i nostri clienti. Abbiamo oltre 35000 clienti, ci occupiamo di fornire materiali ai professionisti dell’edilizia ma molti dei nostri clienti sono appassionati di baseball. Dovunque giocheranno gli Angels c’è un nostro negozio, il che è perfetto per noi”.

La crisi colpisce duro

La ricerca di sponsor, però, è stata complicata dal difficile momento dell’economia globale. Gli Angels ci hanno messo quasi un anno prima di trovare l’accordo con la FBM ma molte altre franchigie non sono state altrettanto fortunate. La rivista specializzata Ad Age ha infatti confermato come meno della metà delle squadre della MLB inizieranno la stagione con sponsor sulle divise, un ritardo causato dal timore di una recessione o dalla concorrenza di altri sport più popolari. A seguire a stretto giro di posta, poi, potrebbero essere i loghi sugli elmetti dei battitori, una mossa già fatta qualche anno fa dalla NHL, la lega di hockey su ghiaccio. Il commissioner della MLB, Rob Manfred, l’anno scorso aveva detto che “le pubblicità sulle divise sono una realtà della vita negli sport professionistici. Sono una fonte di incassi talmente significativa che nessuno sport, nel lungo periodo, potrà permettersi di ignorare”. Una dichiarazione che ha il sapore di una resa incondizionata, visto che gli stipendi dei giocatori continuano a salire e che i ricavi dai diritti televisivi non potranno aumentare all’infinito.

Cubs Braves 2022

La MLB, almeno per il momento, ha pubblicato una lunga lista di eccezioni agli sponsor ammissibili per le proprie franchigie, in linea con l’immagine family-friendly del campionato. Niente alcool, niente sigarette, armi da fuoco o marijuana, per non parlare di ditte di scommesse, da non molto legali in gran parte degli Stati Uniti, casinò, partiti o candidati politici e perfino radio o televisioni, probabilmente per evitare conflitti d’interesse con chi trasmette le partite in diretta. A complicare la ricerca di sponsor, però, il fatto che il baseball abbia aspettato molto ad aprire le porte a queste partnerships. Nel 2007 la prima lega professionistica era stata quella del calcio, la MLS, seguita dieci anni dopo dalla NBA, che permette l’uso di piccoli loghi ma senza stravolgere del tutto l’identità visiva delle divise da gioco. La NHL si è adeguata nel 2021 con i marchi sui caschi dei giocatori e, a partire da quest’anno, anche sulle maglie. L’unica a resistere, almeno al momento, è la lega del football professionistico. D’altro canto, però, visto il grande successo in termini di ascolti e diritti tv, la NFL era forse quella che ne aveva meno bisogno.

Addio alla tradizione?

La MLB arriva quindi buona ultima alla festa degli sponsor, una scelta dovuta alle resistenze di molti tifosi legati ancora all’immagine tradizionale dello sport. Da quando è diventato capo della lega, Manfred ha provato più volte a sperimentare, ricevendo sempre reazioni negative. L’anno scorso i giocatori dell’All-Star Game avevano giocato non con la divisa delle loro squadre ma con una fatta per l’occasione. L’anno prima avevano fatto altri tentativi per uniformare lo stile delle varie divise, senza grandi successi. Da quando nel 2020 la Nike si è aggiudicata il contratto di fornitore ufficiale delle uniformi, si sono viste delle divise particolari, chiamate City Connect, che hanno provato a rimescolare le carte, facendo ad esempio giocare gli storici Red Sox con maglie e calzettoni gialli e blu. La reazione a Boston è stata decisamente negativa.

Red Sox Yankees lancio

Nonostante le critiche, però, Manfred si è detto sicuro che questa sia l’unica maniera per consentire al baseball di continuare ad avere successo. “C’è stato un certo imbarazzo, sconcerto specialmente tra i tifosi più tradizionalisti. Eppure in fatto di vendite e marketing, le divise ‘City Connect’ sono state tra i successi principali degli ultimi anni. Penso sia importante sperimentare con cose del genere per far sembrare il nostro gioco un po’ diverso. Ognuno ha diritto a pensarla come vuole ma questi tentativi sono parte di un programma più complesso che ci consentirà di presentare il baseball in una maniera meno tradizionale”. Il messaggio, insomma, è chiaro: piaccia o non piaccia, il baseball del passato è finito. Il futuro sarà all’insegna della modernità, degli sponsor, magari anche qualche cambiamento alle regole per rendere le partite meno noiose. Indietro non si torna, specialmente quando in ballo ci sono centinaia e centinaia di milioni di dollari.

Il futuro del "passatempo nazionale"

Non è dato sapere quali saranno gli effetti di questi cambiamenti per uno sport molto particolare come il baseball. Riuscirà a rimanere fermamente attaccato all’anima dell’America profonda anche se abbandonasse quella tradizione secolare che l’ha reso così caro agli abitanti del Nuovo Continente? I tempi mitici delle leggende dello sport sono passati, come quelle storie meravigliose tradotte in tanti film di successo, con i campioni che venivano rappresentati da stelle di prima grandezza di Hollywood, da Gary Cooper a Robert Redford al grande appassionato Kevin Costner.

Ora che anche i grandi campioni sono sempre più lontani dall’immaginario collettivo americano, visto che vengono dall’America Centrale o addirittura dal Giappone, riuscirà il baseball ad adattarsi a questo nuovo mondo senza tradire le sue radici? Il baseball non è uno sport come gli altri, è stato raccontato in mille libri, romanzi, film, campioni ed allenatori sono parte integrante della stessa identità americana. Ora che il paese sembra sempre più diviso, incapace di trovare un accordo anche su elementi fondanti come la stessa Costituzione, sarebbe stato forse ridicolo pensare che il baseball riuscisse a rimanere eternamente uguale a sé stesso.

Red Sox Yankees

Possibile che questa resa alla modernità non avrà grandi conseguenze, che quelle toppe sulle maniche verranno ignorate dai tifosi, riuscendo solo a coprire i sempre più preoccupanti buchi di bilancio di molte franchigie. Possibile, però, che il rinunciare alla propria eccezionalità, all’essere allo stesso tempo immutabile e sempre diverso, renda il baseball più “normale” e quindi sottoposto alle feroci regole della concorrenza. Ai tradizionalisti non piaceranno di sicuro ma il tifo sportivo è un fenomeno difficilmente comprensibile in termini razionali. Una volta la sola idea di un marchio sulla maglia di una squadra di calcio avrebbe fatto inorridire i puristi.

Oggi facciamo fatica ad immaginarci una maglia senza un vistoso logo in bella evidenza. Una cosa è certa: le varie franchigie partono da un capitale emotivo immenso, costruito con pazienza in un secolo e mezzo. Con o senza i loghi degli sponsor, difficile immaginare che dall’oggi al domani i New York Yankees o i Chicago Cubs spariscano del tutto. Ci sarà ancora posto per il baseball ma sarà meno speciale e meno romantico.

Se sarà un bene o un male per lo sport e per l’America in generale ce lo potrà dire solo il futuro.

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