Un altro testimone muore suicida Il delitto di Vertova ora è un rebus

da Vertova (Bergamo)

Comunque è una catena di sangue. Saranno coincidenze - come affermano gli inquirenti - oppure episodi slegati tra di loro, ma il destino si accanisce su Vertova e su chi ha avuto contatti con Maria Grazia Pezzoli, l’imprenditrice di 45 anni assassinata con trenta coltellate il 24 luglio nell’ufficio annesso all'abitazione.
Se il 6 agosto un dipendente senegalese era morto cadendo dal tetto di un capannone a Padova, è di questi giorni la notizia che un altro testimone, un giovane bergamasco che lavorava alla Val.Cop, è stato trovato impiccato nei boschi della Val Seriana, a una decina di chilometri dal paese. Al mattino, poche ore prima di togliersi la vita, era stato interrogato dai carabinieri in quanto anche il suo nome, come quello del senegalese, era emerso nell’inchiesta sull’omicidio di Maria Grazia Pezzoli, moglie dell’assessore comunale allo sport Giuseppe Bernini e socia nell’azienda edile finita al centro delle indagini, dopo che la pista della Val.cop è stata indicata dallo stesso marito della Pezzoli. Due testimoni morti di morte violenta, quindi, mentre le risposte del Ris di Parma sulle macchie di sangue non bastano per ora a chiarire il giallo.
Ufficialmente, gli inquirenti smentiscono ogni collegamento tra l’incidente mortale capitato a Dame Niang, operaio senegalese della ValCop, 37 anni, trovato esanime in un cantiere di Trebaseleghe, nel Padovano, e il drammatico gesto di Gianluca Rossi, 33 anni, che cinque giorni dopo si è impiccato a un albero nel bosco di famiglia, a Cornale di Pradalunga. Operaio in un salumificio di Cene, dipendente di Bernini fino al 2001 e padre di un bimbo, apparentemente non aveva problemi né economici né tantomeno familiari. La convocazione in caserma era arrivata una settimana prima, mentre il giovane si trovava in vacanza. Al mattino dell'11 agosto, raccontano al bar dove era solito recarsi, sembrava sereno; ben diverso il suo atteggiamento verso l'ora di pranzo, dopo l'interrogatorio al comando provinciale di Bergamo. Tornato nel locale non solo sembrava pensieroso, ma portava già con sé la corda in un sacchetto di plastica. «Pensavamo gli servisse per i cavalli», spiegano gli amici, alludendo al maneggio gestito dagli zii. Invece l'operaio ha legato la fune a un ramo scegliendo un punto in forte pendenza, poi gli è bastato fare un passo in avanti per rimanere sospeso nel vuoto. L'autopsia, effettuata il 14 agosto, confermerà questa versione dei fatti, supportata anche da una telefonata in cui la vittima aveva risposto in maniera laconica ai familiari: «Sono nel bosco, torno più tardi». Il corpo senza vita è stato scoperto dai carabinieri di Albino intorno alle 22,30, dopo l'allarme dato dalla moglie. È confermato che Dame Niang e Gianluca Rossi si conoscessero e che entrambi fossero stati sentiti dagli investigatori. Il senegalese era stato interrogato a Bergamo tre giorni prima di morire dal pubblico ministero Carmen Pugliese, che coordina le indagini sul delitto. Il 6 agosto, dopo un'insolita, lunga telefonata mentre si trovava sul tetto di un capannone in costruzione, è precipitato al suolo da un'altezza di 15 metri superando anche il parapetto di sicurezza. Nessuno dei colleghi ha visto nulla, né ci sono altri testimoni. Il corpo, secondo qualcuno, sarebbe caduto troppo al di là della linea di cantiere, tre metri e mezzo di distanza.

Ma soprattutto, come ha fatto a precipitare al di là del parapetto? Forse un incidente, forse un altro gesto disperato. Di certo, un tragico incastro di coincidenze che sembra complicare ulteriormente il quadro investigativo, rimasto aperto a qualsiasi ipotesi.

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