Antonietta Viganone, tra vita e memoria l’allegoria dell’albero

Tre anni fa, a Finale Ligure, è stata inaugurata la stele in memoria di Daniele Ghione, sfortunato figlio della città, maresciallo dei carabinieri morto nell’attentato di Nassirya. Autrice di quel monumento è l’artista Antonietta Viganone, novarese, che da anni vive e opera a Milano dove ha studiato architettura al Politecnico, pittura all’Accademia di Brera e incisione con Luciano De Vita. In questi giorni Antonietta Viganone è protagonista della mostra «L’albero» allestita all’Oratorio della Passione della Basilica di Sant’Ambrogio (fino al 20 maggio; orari: da martedì a sabato dalle 16 alle 19; domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19) che presenta i disegni preparatori di quel monumento insieme con una serie di incisioni e sculture in bronzo ispirate alla figura dell’albero, poetica metafora della vita e dell’uomo con la sua eterna, rigenerante caducità. Nell’opera della Viganone il richiamo all’albero ricorre insistente, in particolare al gelso e soprattutto alla sua «testa», la porzione alta del tronco, al dipartirsi dei rami: l’azione dell’uomo che la spicca è violenta, ma nel segno della rinascita, quella «testa» è anche simbolo di speranza persino di fronte alla morte.

È anche per questo che l’artista l’ha inserita nel monumento di un martire di Nassirya che ricorda insieme il sacrificio del giovane e la continuità della vita e dei valori, pur attraverso le lacerazioni della violenza.

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