
Arnaldo Pomodoro è morto domenica 22 giugno a Milano, alla vigilia del compimento dei suoi 99 anni, nella sua casa. Lo ha comunicato la Fondazione che porta il suo nome, diretta da Carlotta Montebello. Lo scultore, noto tra l'altro per le sue iconiche sfere di bronzo, era infatti nato il 23 giugno del 1926 a Montebello di Romagna. Molti i commenti per la scomparsa del maestro a partire da quello del presidente della repubblica Sergio Mattarella: «La scomparsa di Arnaldo Pomodoro lascia un grande vuoto. Le sue imponenti opere, esposte nei più importanti musei del mondo, hanno lasciato un segno indelebile. Ai suoi familiari e ai suoi allievi esprimo il cordoglio della Repubblica». Funerali giovedì 26 giugno alle ore 14 e 45 nella Chiesa di San Fedele, in piazza San Fedele a Milano.
"Non è più tempo di scolpire, la scultura oggi è leggera come un aquilone". Al telefono, Carlotta Montebello mi ripete più volte questa frase. "Me la disse qualche tempo fa, eravamo da soli. Lui era così: un visionario che fiutava i cambiamenti". Il lui in questione è Arnaldo Pomodoro, maestro della scultura contemporanea che avrebbe compiuto ieri 99 anni. "Ci ha fatto uno scherzetto: è morto un'oretta e mezza prima, a casa sua, domenica sera, serenamente. Diceva che era stato tanto fortunato nella vita, ma lo è stato anche nella sua fase finale: stava prendendo un naturale distacco dal mondo, lui che nel mondo aveva tanto vissuto. Ce lo aspettavamo, ma ora siamo frastornati". Carlotta Montebello non è solo la direttrice generale della Fondazione Arnaldo Pomodoro, voluta e fondata dal gigante della scultura italiana a Milano trent'anni fa, ma anche la nipote del maestro: è figlia di Teresa e, insieme alla gemella Beatrice, è vissuta a fianco ai due "Pomodori dell'arte italiana", Arnaldo e Giorgio, detto Giò (anche lui scultore, morto nel 2002). "Ho mille ricordi nella nostra infanzia. Che dire? Non è sempre stato facile: noi bambine non eravamo al centro della casa. Però Arnaldo è stato uno zio affettuoso e con tenerezza ho riscoperto questa sua umanità negli anni della vecchiaia quando, fianco a fianco, abbiamo lavorato alla Fondazione".
Arnaldo Pomodoro era un uomo "affabile, disponibile, ma rigoroso": con lo stesso fratello Giò c'era stata più di un'incomprensione "ma si sono ritrovati da grandi", continua Montebello. Ieri, non appena divulgata la notizia della morte dell'artista, si sono susseguiti i messaggi anche istituzionali di cordoglio tra cui, su X, quello della premier Giorgia Meloni e del ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha ricordato come "una delle sue opere più importanti, la Sfera, dedicata agli italiani nel mondo, è diventata un simbolo iconico della Farnesina". "L'Italia perde un protagonista indiscusso e riconoscibile della scultura contemporanea. Un artista che con la sua opera monumentale e riflessiva ha saputo attraversare decenni di storia mantenendo sempre viva la tensione tra materia e pensiero", ha detto il ministro della Cultura, Alessandro Giuli.
Le "Sfere con sfere" in bronzo sono certamente la firma che Pomodoro ha lasciato nel mondo, contrapposizione tra perfezione esterna (lucidità, rigore geometrico) e guazzabuglio interiore (meccanismi tutti da decifrare), sculture fatte queste sono le sue parole - "con l'intento di scoprire il mistero che vi è racchiuso". Le troviamo praticamente ovunque: la prima risale al 1966, commissionata per l'Expo di Montreal (ora è davanti alla Farnesina) e poi via via sono arrivate tutte le altre, nel cortile della Pigna dei Musei Vaticani, di fronte alla Nazioni Unite a New York, davanti alla sede parigina dell'Unesco cui si aggiungono sculture di forma e latitudine variabile: da Milano (il Disco grande è in piazza Meda, due Sfere sono nel chiostro e nel giardino delle Gallerie d'Italia, che ha in Collezione Banca Intesa 14 opere del maestro) a Dublino, da Los Angeles a Copenaghen. "Arnaldo diceva che era stato molto fortunato. Ha cominciato, anche letteralmente con una risalita, dalle Marche fino a Milano, a metà degli anni Cinquanta, ma poi è stato tutto in discesa. Già giovanissimo ha avuto la possibilità, preziosa per ogni scultore, di passare dalla piccola alla grande scala: questa chance gliel'ha data l'America", ricorda Montebello.
Nato a Morciano di Romagna, studi da geometra e passione per l'oreficeria e per la manipolazione dei metalli, Arnaldo Pomodoro "sale" a Milano e s'imbatte in Lucio Fontana, aderisce al gruppo informale di Continuità, affina il suo stile. Una docenza in America, in anni di grande fermento, fa il resto: "La sua arte va dritta al cuore della gente, piace al committente. Credo sia questo il segreto del suo successo", commenta Montebello. Dagli anni Settanta le sue sculture metafora perfetta della complessità del presente fronteggiano gli ingressi di molti spazi istituzionali, ma sarebbe riduttivo etichettare Arnaldo Pomodoro come il venerato maestro delle sfere di bronzo: da sempre interessato al rapporto tra architettura e ambiente, già docente a Stanford e a Berkeley, ha firmato anche macchine sceniche, collaborando con la Scala, l'Opera di Roma, il teatro greco di Siracusa. Accademico di Brera, con premi e lauree honoris causa che sarebbe pedante elencare qui, aveva una sua "creatura preferita", come conferma al Giornale la nipote. È la Fondazione che porta il suo nome, "concepita come spazio vivo, utile non solo per raccogliere la sua eredità ma a sostenere la creatività di oggi". Si trova sui Navigli a Milano, dopo una lunga parentesi all'ex Officine Meccaniche Riva Calzoni di via Solari, ora sede della maison Fendi (dove da qualche tempo è di nuovo visitabile nel sotterraneo il geniale Labirinto di Milano ideato dallo scultore): "Arnaldo Pomodoro si adoperava molto per i giovani scultori, aveva istituito per loro un premio biennale, che celebreremo il prossimo anno.
Non usava le nuove tecnologie, ma ne era incuriosito: intuiva i cambiamenti dei nostri tempi", conclude Carlotta Montebello. E del resto, quelle meccaniche interne alle sfere paiono oggi una rappresentazione puntuale degli algoritmi che regolano la nostra esistenza.