L'Altra individualità fa rivivere l'arte italiana

Domenico Russo fa il punto su un gruppo di pittori che condivide un'ispirazione e un tratto di stile

L'Altra individualità fa rivivere l'arte italiana

In un saggio recente, Hans Ulrich Obrist scriveva che la varietà dei linguaggi dell`arte contemporanea è una delle più confortanti forme di resistenza al progressivo uniformarsi dei modi di vivere.

Speriamo. Su un`arte capace di fare guasti e dissacrare, o al minimo su un`arte anticonformista, ci abbiamo contato per tutto il Novecento e ci piacerebbe tanto contarci ancora. «L`Altra Individualità» è una nuova corrente della pittura figurativa italiana, teorizzata da Domenico Russo e raccontata nell`omonimo catalogo pubblicato da Silvana Editoriale (L`altra individualità - La pittura figurativa in Italia oggi, 72 pagine, 23 illustrazioni, euro 22).
Uno dei suoi protagonisti, il pittore Alessandro Pessoli, sembra essere invece incappato in un brutto caso di conformismo uniformante: nel catalogo, Pessoli racconta che una delle sue opere più significative, Assassini che mangiano, era stata comprata da un`università americana e appesa all`interno dell`edificio. Ma uno studente di colore si era risentito del fatto che una delle figure avesse il viso scuro. Vi aveva visto tratti somatici afroamericani, aveva pensato che vi fosse dell`ironia razzista, addirittura che il quadro fosse discriminatorio. Il Rettore si era sentito in dovere di chiedere un chiarimento a Pessoli.

Niente di peggio che dover spiegare un`opera per renderla accettabile. Fa il paio con la deleteria necessità di spiegazioni per rendere un`opera interessante. Gli artisti dell`Altra Individualità, per fortuna, sono abbastanza d`impatto che non hanno bisogno di niente: che i loro quadri "si capiscano" o meno, che loro ce li spieghino oppure no, non importa. O almeno non dovrebbe importare, come è invece accaduto con il quadro di Pessoli. Classe 1963, è il decano della corrente individuata da Russo. Altri elementi portanti sono i quarantenni Silvia Argiolas e Giuliano Sale (entrambi 1977), e i più giovani Dubacco (1983), Cremonini (1981) e Modolo (1988). È dunque un gruppo transgenerazionale, anche se definirli "gruppo" è improprio.

Gli artisti dell`«Altra Individualità» non hanno poetiche esplicitamente condivise, o un manifesto. Sicuramente si conoscono, alcuni si frequentano, ma se abbiamo in mente Gruppo T, Gruppo N, Fluxus e così via, allora no, perché qui siamo dentro un concetto di «insieme unione» molto più lasco e disimpegnato. Il collante, i tratti comuni, sono negli occhi del curatore. «Altra Individualità» doveva essere una mostra nel 2020, mai realizzata causa Covid, curata appunto da Russo, che ha introdotto e ripreso il concetto di «Altra Individualità» su riviste di settore, in interventi pubblicati tra il 2019 e il 2022, ora inseriti nel catalogo Silvana. Che cosa sia l`«Altra Individualità» non è però chiarissimo, dato che il registro cui attinge il critico nei suoi scritti è alquanto ermetico, come tipico di molti curator italiani.

Ma va detto che a guardare le opere che illustrano il catalogo ci si trova d`accordo: siamo in presenza di affinità, la corrente esiste. Anzi, se si è assidui frequentatori della bolla artistica su Instagram, ai cinque artisti portanti della selezione di Russo, e agli altri ancor più giovani presenti nel volume e che hanno uno stile congruente (Serpetti, Bongiovanni, Molinaro, Carratta, Modolo, Capolupo, Guido, Fiorino), si affiancherebbero non tanto i rimanenti selezionati per il libro (i pur eccellenti Lulashi, Caredda, Westerlind, Maglionico, Baila, Annino, Berra, Nuti, Faloretti, De Vivi), quanto una serie di artisti di ultima generazione, nati negli anni `90, che si muovono su simili coordinate: Moretti, Pleuteri, Capuzzo, Camera, Frison, Casali Caramello, Quartucci, Catelli, Gola? Ma insomma, di cosa sto parlando?

Di artisti che, scrive Russo, fanno «della pittura materiale primario, elemento di creazione e non copia attraverso una figura sistemata in modo tale che il soggetto e la visione siano ancorati al presente nel perimetro traumatico del reale». Dunque un figurativo visionario e sofferto, mi verrebbe da aggiungere, dove le figure si vedono ma sono lontane da un realismo ritrattistico, sono distorte, sporcate, ibridate, qualche volta con ironia, più spesso segnate da malinconia e alienazione.

Ammettiamolo: è un concetto piuttosto vago, una definizione che lascia non del tutto soddisfatti. Ma così è in Italia da un trentennio, cioè da quando Maurizio Sciaccaluga e Alessandro Riva (e poi Luca Beatrice, Gianluca Marziani, Chiara Canali) hanno coniato e portato avanti la «Nuova Figurazione Italiana». Che è stata appunto una grande onda eterogenea con picchi legati a epoca e dato anagrafico, di cui è quasi impossibile dare una definizione limpida, accontentandoci di sottolineare una tendenza all`uso di materiali pop (cinema, fumetto, pubblicità, tv), e, dopo anni di informale, arte povera, installazioni e performance, un netto ritorno a una pittura figurativa pura, quasi tradizionale. È stata una corrente dentro la quale si sono annidati microgruppi anche molto coesi, talvolta durevoli, talaltra no, come i Nuovi futuristi, gli Ultrapop, l`Officina milanese, la Nuova scuola palermitana, un`onda lunga che è esistita e ha avuto risonanza almeno fintanto che i suoi due sostenitori principali, Sciaccaluga e Riva, l`hanno indefessamente promossa con mostre, cataloghi, invenzioni geniali (vedi Italian Factory). Ma nel 2007, con la morte di Sciaccaluga e l`arresto di Riva, La nuova figurazione italiana è stata lasciata a sé stessa e non se ne è più parlato. Ha fatto un tentativo di riempire quel vuoto Ivan Quaroni, con il concetto di «Italian Newbrow», in una serie di mostre e di testi cominciata nel 2009 e che continua tutt`ora, con un gruppo di artisti che include curiosamente anche Sale e Argiolas.

Tutto questo non suoni ironico, anzi: ai frequentatori di mostre e ai clienti delle gallerie piacciono le correnti, meglio ancora i movimenti. È grande la soddisfazione di ammirare, e più ancora acquistare, opere che siano dentro a qualcosa di più vasto, che scuote la contemporaneità, che lo spettatore e il collezionista scoprono mentre sta accadendo e che forse rimarrà nella storia dell`arte. È qualcosa che per l`arte, soprattutto quella italiana, è un toccasana. Benvenuta «Altra Individualità».

Già, ma gli Assassini che mangiano di Pessoli? Il quadro è stato reintegrato sui muri dell`università.

L`artista ha spiegato al Rettore che è il ritratto di Albert Speer e Hermann Goering, tratto da immagini ricavate da due foto scattate al processo di Norimberga. La trovate facilmente con Google, date un`occhiata: è un`opera disturbante, che smuove e colpisce. Cosa? Per esempio il conformismo di uno studente che crede di aver trovato qualcosa per cui indignarsi.

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