Giorgio Pastore ha perso la sua bottega: ha dovuto sgomberarla e presto si trasfigurerà in pizzeria. Però resta una delle figure più rappresentative della zona dei Navigli. La sua barba grigia e il suo portamento distinto continuano ad andare a spasso per il quartiere, dagli amici pittori come Mitti che ha lo studio in Alzaia, nei bar dove ormai si concede solo qualche saggia goccia di vino, lungo le sponde del canale che, a un genovese come lui, ricorda comunque l'attracco dei battelli.
Pastore è nato alla Foce, che a Genova è un quartiere né di centro né di periferia. Ha lasciato la sua città nel 1958 perché lì, per uno come lui, l'unico mestiere che restava era il contrabbando. Adesso ha 74 anni e l'orgoglio di aver avuto un ruolo nella cultura di Milano. Racconta lui: «Il Naviglio anni Settanta era una specie di Portofino prima maniera, ma sull'acqua dolce. C'erano barcaioli, artigiani, pittori. Nei vecchi "trani" si mangiavano i piatti milanesi ascoltando un cantante con chitarra tipo Gaber. La Milano colta passava tutta di qui».
L'Arzigozzoviglieria era sorta nel 1968 quando Pastore e la moglie Maria Luisa - oggi scomparsa («era una donna bellissima, intelligentissima e molto brava nel lavoro» dice Pastore) - rilevarono il negozio di rigattiere del celebre Gildino. Il look del locale non è mai cambiato, per decenni è stato una specie di grotta di Alì Babà. Ci trovavi gioielli antichi e meno antichi, bambole di porcellana, anziani giocattoli. C'erano anche, ben prima che il resto del mondo li scoprisse, gli abiti d'epoca. E c'erano i quadri dei pittori del Naviglio, che li danno volentieri a Giorgio e Maria Luisa perché quei due poi li rivendono e il nome circola.
Il negozio non passa inosservato, ben presto si riempie di uomini di spettacolo, di artisti. L'architetto Giancarlo De Carlo ne è un aficionado, come l'altro architetto Ardizzone. L'Arzigozzoviglieria viene usata come scenario nelle riprese di un film di Monica Vitti, vi saranno girati diversi Caroselli. Ottavia Piccolo viene e scatta qualche servizio di moda.
Un vero centro di cultura locale. Per questo quando ha avuto lo sfratto, nel 2005, poco dopo la morte di Maria Luisa, il quartiere è insorto: come Pastore sono stati mandati via, in uno stillicidio più che decennale, altri artisti, commercianti e artigiani: pizzerie e paninerie pagano volentieri affitti più alti, ma l'anima del quartiere si perde. La solidarietà ha dato luogo a una battaglia civilissima, con l'intervento di politici trasversali a tutti gli orientamenti: Maiolo, Sgarbi, Borghezio, i Verdi e altri ancora. Tutto inutile, la primavera scorsa Pastore ha dovuto sbaraccare. Da un anno il suo negozio era stato dichiarato dal Comune di Milano «bottega storica».
«Giorgio vive il Naviglio, ne è da decenni un protagonista» dice la pittrice Mitti: «E continua anche adesso che non ha più la bottega».
Qualche possibilità di riaprire il discorso? «Nessuna», dice fermo Pastore: «Non nella forma di una bottega antiquaria. Adesso però lavoro con l'associazione Coinvolgente per creare un luogo di memoria storica del Naviglio».
La battaglia per l'Arzigozzoviglieria comunque ha avuto un effetto collaterale positivo: su iniziativa di un senatore di Forza Italia, il Senato ha impegnato il governo a produrre norme a favore delle botteghe storiche.
Pastore oggi è sereno, anche se ammette la profonda depressione che l'ha colpito negli anni scorsi.
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