Bolla o non bolla? Non è l’IA a scoppiare, ma le startup che vendono fumo

L'Intelligenza artificiale sta benissimo, tutto quello che sta cercando di sfruttarla per trasformarla in business spesso inutili (o già falliti) è la bolla

Bolla o non bolla? Non è l’IA a scoppiare, ma le startup che vendono fumo
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È bolla o non bolla? Che bolla è? No, non sto parlando di pericolose punture di insetti ma di Sam Altman, l’uomo che ha reso ChatGPT una parola da bar, oggi pure vostra sa cosa è ChatGPT, e magati la usa. Sam ha detto chiaramente che siamo in una bolla, e appena lo dice uno che raccoglie miliardi dagli investitori, non è un insulto: è una constatazione, e al contempo può creare anche del panico nei mercati.

Solo che si sono creati molti allarmismi sul tipo di bolla, perché sì, questa bolla c’è e non c’è (ma non è la bolla di Schröndinger), basta capire che non riguarda l’intelligenza artificiale in sé, tantomeno i colossi che costruiscono i foundation model (cioè i modelli di base addestrati su quantità mostruose di dati, il motore vero e proprio della rivoluzione). Quelli non stanno giocando a Monopoli, stanno spendendo davvero trilioni di dollari in chip, data center e ricercatori.

La bolla a cui si riferisce Altman riguarda piuttosto gli altri: le start-up che campano costruendo sopra questi modelli dei prodotti senza consistenza, i cosiddetti wrapper (letteralmente “involucri”), che si limitano a prendere un modello di OpenAI o Google (per esempio), aggiungere un’interfaccia per un uso qualsiasi dedicato a un gruppo di utenti qualsiasi, e rivenderlo come fosse innovazione. Il problema è che queste aziende ottengono enormi finanziamenti dal venture capital (i fondi che finanziano startup a rischio alto), pur non avendo nessun moat (cioè un vantaggio competitivo reale che impedisca a altri di copiarle, e lo so che sono uno scrittore e non un economista e qui sembro il Sole 24h, mi sono solo documentato un po’su un argomento che mi ha incuriosito).

Il MIT ha fotografato bene la situazione: il 95% dei progetti basati su IA nelle aziende non produce alcun ritorno concreto. Non perché l’IA non funzioni. Le applicazioni che vengono vendute (tante, troppe, troppissime) sono poco utili, non si integrano nei processi, o semplicemente replicano ciò che l’utente avrebbe potuto fare da solo collegandosi direttamente a ChatGPT. Nel 2024 quasi metà dei fondi di venture capital americani sono finiti in startup IA, molte delle quali sono app “sottili”, ovvero senza alcuna tecnologia proprietaria. È la versione 2.0 della bolla delle dot-com: allora bastava mettere “.com” nel nome, oggi basta infilare “AI” in fondo alla sigla di una società.

Quindi l’AI sta benissimo, tutto quello che sta cercando di sfruttarla per trasformarla in business spesso inutili o già falliti è la bolla. Ecco cosa intende Altman quando dice “qualcuno perderà somme fenomenali”: non si riferiva a OpenAI. Perderà chi ha puntato su sottoprodotti di quei prodotti (c’è chi lo ha fatto bene, e chi lo ha fatto con risultati fallimentari).

Non sono una bolla i modelli che fanno davvero la differenza e la faranno sempre di più (magari con meno hype: la velocità delle performance non è più così esponenziale come ci si aspettava), ma nelle scatole vuote che li rivendono come se fossero prodotti innovativi e dedicati a una specifica clientela. A perderci, per farla breve, saranno gli altri: non OpenAI, non Microsoft, non Google, non Anthropic, non xAI. La bolla non è l’intelligenza artificiale, è la speculazione naturale.

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