Quando ha saputo cosa ha fatto il figlio è crollato emotivamente. Il viaggio dal Senegal in Italia nel 1991, la ricerca di un lavoro dignitoso, come muratore in provincia di Torino per mandare avanti la famiglia e i problemi quotidiani acuiti dal quel ragazzo, oggi 17enne, che non lo ha lasciato in pace fin da piccolo. È un uomo provato dal dolore e dall’amarezza il padre del giovane che ha abusato sessualmente di una studentessa di 23 anni nella residenza universitaria Paolo Borsellino di Torino. Intervistato dal quotidiano la Repubblica, ha chiesto perdono alla ragazza e ai suoi familiari, non si aspettava che suo figlio arrivasse a tanto. “Non immaginavo – ha confessato – potesse fare una cosa così grave”.
Da dopo l’arresto non lo ha più rivisto, ha saputo che il giovane era stato fermato dalla polizia venerdì sera quando alcuni agenti si sono recati a casa sua per restituirgli gli abiti del figlio e per informarlo dei gravi reati di cui era accusato il ragazzo. L’ultima volta che aveva scambiato qualche parola con il 17enne era un po’ di tempo prima che accadesse il fattaccio. Lo era andato a riprendere all’ospedale Martini dove era stato portato dai carabinieri che lo avevano trovato in stato di ubriachezza. “Ho parlato e parlato – ha detto l’uomo – ma non serviva a niente”.
Il giorno dopo, ripresosi dalla sbornia, il ragazzo si è fatto accompagnare dal padre alla stazione. Era diretto a Torino per riparare un telefonino, ma non è più ritornato a casa. “Non ho saputo più niente – ha spiegato – fino a quando non è venuta la polizia”. Il muratore non aveva sentito la notizia dello stupro; queste settimane è solo a casa dato che la moglie con gli altri figli sono ritornati temporaneamente in Senegal. “Ho chiamato la mamma – ha continuato – immagini come l'ha presa. Sono stati loro, cercando su Internet, a capire cosa era accaduto e mi hanno mandato gli articoli di giornale. Così ho visto anche le immagini delle telecamere che lo hanno ripreso”.
L’uomo ha sottolineato i tanti bocconi amari che ha dovuto ingoiare a causa del comportamento del figlio. “Già dalle medie – ha raccontato – si era messo a fumare.
E anche quando lo abbiamo iscritto alle superiori, a una scuola professionale, poco dopo siamo stati chiamati dal preside perché frequentava dei ragazzi poco raccomandabili. È stata provata anche la strada della comunità, ma è scappato. Da mesi ormai andavamo avanti così, senza scuola, senza lavoro, combinando dei guai”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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