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La dieta degli antichi romani riscoperta tra Ercolano e Pompei

Viaggio alla scoperta dei segreti gastronomici nelle città perdute all'ombra del Vesuvio, tra antenate della pizza e antichi fast food

La dieta degli antichi romani riscoperta tra Ercolano e Pompei

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Qualche settimana fa presso gli scavi di Pompei è stata effettuata una grande scoperta archeogastronomica.
Sulla parete meravigliosamente affrescata di quello che rimaneva di una lussuosa abitazione distrutta dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è stata individuata la rappresentazione dipinta perfettamente conservata di un' antenata delle odierne pizze napoletane.
Ovviamente priva di pomodoro, che sarebbe arrivato secoli dopo dalle Americhe, condita con una sorta di pesto di erbe aromatiche e formaggio di capra chiamato "moretum" e frutta secca, secondo i gusti dei pompeiani del I° secolo. Estremamente simile nell'aspetto e nelle forme alle sue discendenti, presenta persino il caratteristico bordo a cornicione.
La notizia in pochissimo tempo ha fatto il giro del mondo, creando entusiasmo ed interesse.
Non è però l'unico prezioso ritrovamento nel campo della paleoalimentazione proveniente dagli straordinari siti archeologici di Pompei ed Ercolano.
La spaventosa eruzione che nel giro di poche ore spazzò via le esistenze di migliaia di abitanti delle due ridenti cittadine vesuviane ne preservò e letteralmente ne cristallizzò gli usi e le abitudini quotidiane e alimentari, permettendo di studiarle grazie ad una quantità di dati e informazioni senza paragoni, come in una capsula del tempo.
Proprio lo studio, la ricerca e le scoperte sulla dieta delle antiche genti che prosperarono all'ombra del vulcano sono al centro di una meravigliosa iniziativa, che approvo moltissimo, del parco archeologico di Ercolano.
Per tutta estate, ogni venerdi, verranno organizzate visite guidate notturne tra le rovine della città, alla scoperta dell'alimentazione degli antichi romani, avvicinando così i visitatori ad un affascinante e poco noto aspetto di quel mondo perduto.
Tra le tante meraviglie, sarà possibile ammirare gli antichi thermopolia, preservati intatti fino ai giorni nostri dalla cenere vulcanica. Questi curiosissimi resti sono gli ancestrali progenitori di streetfood e fastfood ed erano molto popolari all'epoca. I Romani avevano l'abitudine di pranzare fuori, consumando pasti veloci in queste strutture che offrivano per l'appunto cibi caldi ( dal greco thermos, caldo) , conservati in grandi vasi e orci di terracotta.
Qui i nostri avi potevano acquistare pietanze a poco prezzo e i certi casi potevano persino consumarlo comodamente seduti in piccole salette apposite.
Sono giunti fino a noi persino i "menu" dell'epoca, affrescati sulle pareti e spesso realizzati solo con immagini di piatti, visto che la clientela era spesso di basso ceto e totalmente analfabeta oppure proveniente dai più remoti angoli dell'Impero , senza conoscere il latino.
Nei thermopolia venivano servite le famose focacce di farro, condite con olio d'oliva, fichi e formaggio ma anche zuppe, stufati, carne , pesce e pollame arrostiti. Soprattutto consumavano tantissima verdura, tanto da essere definiti dal poeta Plauto "i mangiatori di erbe".
Proprio ad Ercolano è stato svolto un'importante studio di bioarcheologia sui resti di 17 vittime della tragedia, arrivando a grandi rivelazioni.
Si è scoperto che la loro alimentazione era fortemente differente per genere.
Gli uomini tenevano uno stile alimentare molto simile alla nostra dieta mediterranea ma con un consumo molto più accentuato di pesce e frutti di mare, mentre le donne si nutrivano prevalentemente di cereali e di prodotti di origine animale, di provenienza domestica, da cortile.
Questo perché pesce e frutti di mare, molto costosi anche all'epoca, erano un vero e proprio privilegio per pochi, quindi in una società maschilista come quella romana le donne faticavano ad aver accesso a quegli alimenti.
Una storia di discriminazioni alimentare antica di 2000 anni.


Attraverso la tavola, la cucina e l'alimentazione gli scavi di Ercolano e Pompei continuano a recarci sorprese ed emozioni, insegnandoci che noi non siamo solo ciò che mangiamo ma anche ciò che per secoli mangiarono i nostri antenati.

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