Perché è giusto essere piromani che infiammano valori e pompieri che spengono fragilità

"Si nasce piromani e si muore pompieri" è un criterio che fa guardare alla realtà interpretandola non come debolezza da ipocriti, ma come opportunità per plasmarsi cercando il meglio

Perché è giusto essere piromani che infiammano valori e pompieri che spengono fragilità
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«Si nasce piromani e si muore pompieri» dice un detto popolare. Me lo ha ricordato un amico. Quando in confessionale hai di fronte una persona che conosci, ma soprattutto dalla quale sei conosciuto bene, la difficoltà è enorme. Non hai alcuna armatura data dal ruolo, ti ritrovi nudo nella verità della tua coerenza. Immaginatevi la scena. Lui mi racconta peccati, mancanze, fragilità, difficoltà. Io, da prete, rispondo affettuosamente con una predichina. Quando mi dispongo paciosamente all'assoluzione, mi guarda dritto negli occhi e fa partire il colpo: «È proprio vero, si nasce piromani e si muore pompieri!». Ha smontato tutto quello che ho detto «da prete», ma ha riconsegnato me a me stesso. Uno squarcio di verità. Ci siamo messi a ridere ambedue e abbiamo cominciato un rosario divertente di «ma ti ricordi...».

Quella che credevo fosse la conclusione della sua confessione si è trasformata nell'inizio di un cammino interiore in me. Ci conosciamo da quando siamo ragazzi. Abbiamo condiviso storie, divertimenti, sogni, marachelle, cammini, difficoltà, crisi adolescenziali, sbandate giovanili. Questo tuffo nell'infanzia mi ha portato a rivedermi in un personaggio dei cartoni animati di allora: Grisù, il simpatico draghetto verde con l'elmetto rosso e giallo da vigile del fuoco, che sputava fuoco dalla bocca, ma insieme aveva sempre tra le mani l'estintore per rimediare. Ripeteva, convinto di sé: «Da grande farò il pompiere!».

Quel detto popolare è stato per me un pizzicotto che ha risvegliato memorie e considerazioni. Ho deciso di offrire questa condivisione perché secondo me era il quadro adatto per la splendida cornice che è la festa che si celebra oggi, 29 giugno: la memoria dei Santi Pietro e Paolo. «Si nasce piromani e si muore pompieri» è un criterio che fa guardare alla realtà interpretandola non come debolezza da ipocriti, ma come opportunità per plasmarsi cercando il meglio. È la grande capacità di prendere in mano la propria vita. Pietro inizia la sua avventura nel Vangelo come discepolo forte e generoso, poi finisce impaurito a giurare di non conoscere Gesù. Si lascia spaventare dalle conseguenze dell'implicarsi: «Cosa pensano gli altri di me? Cosa ci rimetto? Chi me lo fa fare?». Nato piromane, muore pompiere: si fa scuotere dal gallo. Paolo inizia come nemico di Cristo e persecutore dei cristiani poi finisce a viaggiare per testimoniare con coraggio il Risorto. Cade dal cavallo delle sue sicurezze e delle sue presunzioni. Lui, così supponente e sicuro di sé, si mette in crisi su tutto. Nato pompiere, muore piromane: infiammato e infiammante. Pietro e Paolo insegnano innanzitutto a guardarsi DENTRO. Pietro piangente nel buio incontra lo sguardo di Gesù che trasforma le sue lacrime in collirio e il vuoto della mancanza diventa spazio di rincorsa per ripartire. Paolo (che non incontra mai Gesù nella sua vita, sente solo parlare di lui) trova una luce che però lo rende cieco finché non si fa prendere per mano in una nuova scoperta.

È il coraggio di dire che è bene ciò che è bene, ma anche di dire che è male solo quello che è male, di dire che è opportuno solo quello che è opportuno. Da loro è possibile imparare anche a guardare AVANTI. Vengono uccisi eppure si sentono realizzati. Pietro viene crocifisso per fargli fare la stessa fine di Gesù, ma lui si ritiene indegno e si fa mettere a testa in giù. Anche nel nostro trovarci ribaltati ci è donato un oltre. Paolo viene decapitato. Lui, l'uomo di pensiero, il primo teologo e filosofo cristiano perde la testa. Anche nel nostro non capire tante cose ci è donato un oltre. Grazie a ciò, si impara uno sguardo INTORNO. Nella tradizione sono ricordati con due immagini. Pietro è raffigurato con il simbolo delle chiavi, perché è il capo a cui Gesù affida il potere di aprire e chiudere. Paolo viene simboleggiato dalla spada, che non è più arma che ferisce ma è parola che aiuta a vivere.

Tutti abbiamo bisogno di apertura (le chiavi) e di verità (la spada), di sentirci accolti (le chiavi) e protetti (la spada), di trovare significati (le chiavi) e tagliare zavorre (la spada).

Quindi piromani o pompieri? L'essenziale secondo me è plasmare la propria vita da piromani che infiammano di valori e da pompieri che spengono le fragilità che bruciano, per saper scorgere il meglio dentro, avanti, intorno.

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