Polemiche sulla app che fa rivivere i defunti. "Anche per loro vale il diritto alla privacy"

La piattaforma è stata lanciata dall'attore Calum Worthy. Il garante avverte: "È illegale, i morti non sono roba nostra"

Polemiche sulla app che fa rivivere i defunti. "Anche per loro vale il diritto alla privacy"
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Ash muore in un incidente stradale ma l'inconsolabile fidanzata Martha continua a dialogare con lui come se fosse vivo grazie a una app. È la trama di un episodio di Black Mirror, serie tv di qualche anno fa che si è incaricata di esplorare in modo drammatico l'impatto che in un futuro non troppo lontano potrebbero avere le nuove tecnologie sulle vite di noi umani, novelli Prometeo convinti di poter rubare il fuoco agli dei passandola liscia.

Si dirà: è una serie tv, è esagerata. E invece è più o meno quello che offre una app vera, verissima, #2Wai, che offre la possibilità di far in qualche modo rivivere i morti. La app, ideata dall'attore canadese Calum Worthy, 34enne già stella di Disney Channel, ha un funzionamento piuttosto semplice: l'utente carica video e audio della persona che vuole ricreare - bastano pochi minuti - e l'intelligenza artificiale crea un «HoloAvatar» in grado di conversare, rispondere, ricordare informazioni e apprendere dalle interazioni, come ChatGPT.

La piattaforma può ricreare chiunque - personaggi famosi, amici, parenti, attori, perfino sé stessi - ma sta facendo scalpore in particolare per la capacità di ridare vita virtualmente a persone scomparse. È anche così che #2Wai si è «venduta», attraverso un video in cui una giovane donna incinta parla al telefono con la madre chiedendo consigli sulla gravidanza. Poi, quando il bambino è nato, le domanda di cantare al bambino la ninna nanna della sua infanzia. E solo alla fine della clip si scopre che la nonna è stata creata dall'intelligenza artificiale sul calco dei video e degli audio registrati quando era in vita.

La app ha suscitato fin dall'inizio reazioni molto polarizzate, dall'entusiasmo al ribrezzo. «Stiamo costruendo un archivio vivente dell'umanità, una storia alla volta», ha sentenziato solennemente Worthy. Ma molti si sono scagliati contro di lui accusandolo di aver commercializzato la morte.

Ma l'app, oltre a questioni di opportunità e buon gusto, pone anche molti problemi di tipo legali, che vengono sottolineati da Agostino Ghiglia, membro dell'Autorità garante per la privacy che invita a «capire non solo chi possa decidere di trasformare una persona in un dato ma soprattutto se possa diffondere l'immagine creata artificialmente e cosa ciò significhi per la memoria e la dignità dei defunti che non hanno prestato alcun consenso. I defunti non sono roba nostra, sono la nostra memoria, i nostri affetti, spesso le radici della nostra esistenza ma non la nostra proprietà».

Ghiglia evidenzia anche le norme che possono ostacolare l'utilizzo disinvolto di una app come #2Wai, dalla legge 132/2025 che punisce chi diffonde deepfake ingannevoli o dannosi generati con l'intelligenza artificiale al gdpr che richiede il consenso legittimo per i dati personali post mortem anche da parte degli eredi o soggetti autorizzati fino alla legge sul diritto d'autore (633/1941) che tutela voce, immagine e identità creativa anche di chi non c'è più.

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