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"Scelta politica, non le spetta". Tabacco riscaldato, sotto accusa i divieti della Commissione Ue

Due aziende irlandesi del tabacco sfidano la Commissione Ue accusandola di aver introdotto divieti che non le competevano. Già nel 2022 alcuni Paesi tra cui l'Italia avevano contestato la direttiva

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Dublino chiama Bruxelles per una vicenda che in realtà potrebbe avere concreti riverberi in tutta Europa. PJ Carroll & Company e Nicoventures Trading, società che si occupano della commercializzazione di prodotti a tabacco riscaldato in Irlanda, hanno contestato lo Stato irlandese per aver recepito una direttiva della Commissione europea che – a loro giudizio – travalicherebbe i poteri ad essa delegati ai sensi della legislazione sui prodotti del tabacco approvata dagli organi legislativi Ue. Ovvero, il Consiglio e il Parlamento.

L'oggetto del contendere, nello specifico è una direttiva particolarmente severa con cui la Commissione ha disposto il divieto di vendita su tutto il territorio europeo di prodotti del tabacco riscaldato aromatizzati, a partire dal 23 ottobre 2023. Per recepire tale provvedimento nei loro ordinamenti, gli Stati membri avrebbero tempo entro il 23 Luglio 2023. Il condizionale non è casuale. Ci sono altissime probabilità, infatti, che l'Alta Corte irlandese (alla quale era stato inizialmente sottoposta la controversia) rinvii tutto alla Corte di giustizia europea nel Lussemburgo. Secondo quanto riferisce Eureporter, infatti, gli avvocati di entrambe le parti sarebbero già stati invitati a concordare le domande su cui la Corte dovrà poi pronunciarsi. La Commissione stessa dovrà inoltre rispondere alle domande, spiegando per quale motivo abbia ritenuto di poter estendere i propri poteri delegati ai prodotti esentati dalla legislazione originaria.

Il tema non è tecnico o burocratico, come qualcuno potrebbe credere. I prodotti del tabacco riscaldato e senza combustione sono infatti considerati da vari esponenti del mondo scientifico un'alternativa più sicura e meno dannosa alle tradizionali sigarette, con la conseguente riduzione del rischio per i fumatori (e risparmi sulle spese per la sanità pubblica). Eppure, nella sua direttiva la Commissione ha di fatto sbarrato la strada a questo auspicabile orizzonte, con modalità che - secondo i promotori del ricorso - non le sarebbero formalmente consentite.

Nel suo pronunciamento, il giudice dell'Alta Corte irlandese, Cian Ferriter, ha affermato che esistono argomenti fondati per dichiarare invalida la suddetta direttiva, che ha proibito "una categoria di prodotti del tabacco nuova sul mercato, che non esisteva al momento della promulgazione della direttiva sui prodotti del tabacco nel 2014 e che non era stata oggetto di valutazioni politiche e sanitarie distinte". Inoltre, il magistrato ha rilevato come ciò "abbia comportato una scelta politica che era possibile solo per il legislatore dell'Ue non per la Commissione".

Quella portata all'attenzione dell'Alta Corte irlandese, peraltro, non è la prima obiezione sulla direttiva. Quattro Stati membri dell’Unione Europea - tra i quali l'Italia, assieme a Grecia, Bulgaria e Cipro - avevano già sollevato una obiezione congiunta nel 2022, anno di adozione del provvedimento. Già allora i suddetti Paesi sostenevano che la direttiva contenesse "elementi essenziali riservati ai legislatori europei" e che dunque la Commissione stava "superando i limiti dei poteri delegati che le sono stati conferiti" mettendo "a dura prova l'equilibrio istituzionale, creando incertezza giuridica e difficoltà concrete per tutte le parti coinvolte".

La nuova istanza proveniente dall'irlanda potrebbe mettere l'Ue nelle condizioni di ripensare il proprio approccio al tema, fatto spesso di provvedimenti non al passo con le sfide del futuro e di approcci restrittivi dagli effetti controproducenti.

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