
Trentacinque anni fa, il 21 settembre 1990, la mafia uccideva il giudice Rosario Livatino sul viadotto Gasena, lungo la strada che da Canicattì porta ad Agrigento. Magistrato integerrimo e coraggioso, impegnato nella lotta all'illegalità, visse la professione come autentica vocazione al servizio del bene comune. Dotato di grande riservatezza, non rilasciò mai interviste né cercò visibilità mediatica e condusse indagini decisive sulla criminalità organizzata agrigentina fino al giorno del suo assassinio, a soli 38 anni, da parte di un commando mafioso mentre si recava, senza scorta, in tribunale. Il 9 maggio 2021 è stato proclamato beato da papa Francesco come martire "in odium fidei".
La procedura
Negli anni '80 lavorava al Tribunale di Agrigento e trascorreva le sue giornate occupandosi prevalentemente di sequestri e confische di beni sottratti ai mafiosi. Questo valse la sua condanna a morte: i sicari, quattro dei quali poi condannati all'ergastolo, lo attesero lungo la statale che ogni mattina percorreva in auto dalla sua casa di Canicattì al tribunale di Agrigento. Livatino - riporta l'Ansa - aveva rifiutato la scorta e implorò gli assassini di fargli salva la vita. Per tutta risposta ricevette in viso il colpo di grazia dai picciotti. Per la coerenza tra il suo impegno di lavoro e la fede - i mafiosi lo definivano, con spregio, "santocchio" - fu avviata la causa per elevarlo agli altari. Nel decreto sul martirio è scritto che Livatino era ritenuto inavvicinabile dei suoi persecutori, "irriducibile a tentativi di corruzione proprio a motivo del suo essere cattolico praticante". Dalle testimonianze, anche del mandante dell'omicidio, e dai documenti processuali, emerge che "l'avversione nei suoi confronti era inequivocabilmente riconducibile all'odium fidei (odio della fede)", al punto che, inizialmente, i mandanti avevano pianificato l'agguato "dinanzi alla chiesa in cui quotidianamente il magistrato faceva la visita al Santissimo Sacramento".
Il ricordo di Mattarella
"È un anniversario che interpella, con forza, le coscienze di quanti hanno a cuore la difesa della nostra convivenza civile. Autentico testimone dei valori della Repubblica, il giudice Livatino ha, senza esitazioni, speso la propria vita per affermare i principi dello Stato di diritto contro la cultura della violenza e della sopraffazione - dichiara in una nota il presidente della Repubblica Sergio Mattarella -. Nella consapevolezza del ruolo di garanzia che la Costituzione affida alla Magistratura, svolse le sue funzioni, dapprima requirenti e poi giudicanti, con autorevolezza e instancabile dedizione", aggiunge il Capo dello Stato, aggiungendo che "fare memoria del suo esempio significa rinnovare l’impegno a cui tutti siamo chiamati per affermare istituzioni a servizio della dignità della persona, contro ogni forma di criminalità e soperchieria. A distanza di trentacinque anni, desidero rinnovare i sentimenti di partecipazione e vicinanza della Repubblica a coloro che lo hanno stimato e che ne ricordano e testimoniano il rigore, l’umanità e il coraggio nell’amministrare la giustizia", conclude Mattarella.
"Non piegò mai la testa"
"Ho sempre creduto che raccontare alle giovani generazioni il sacrificio di chi ha messo legalità e giustizia davanti alla propria vita, non sia solo un dovere e un modo per onorarne la memoria ma anche per proseguire nell'impegno che questi eroi hanno intrapreso senza paura. Il giudice Rosario Livatino è tra questi eroi. Un servitore dello Stato che con rigore e fermezza ha portato avanti la battaglia contro la criminalità organizzata. Un uomo di profonda fede cattolica, beatificato nel 2021, a dimostrazione della sua importante opera". Scrive sui social la premier Giorgia Meloni. "Oggi, nell'anniversario della sua uccisione, voglio ricordare il suo sacrificio e la sua azione compiuta senza piegare mai la testa, affinché - spiega - la nostra generazione e quella futura non dimentichino e possano proseguire nel cammino di lotta contro ogni forma di mafia".
Livatino ricordato nel Giubileo della giustizia
Nel corso del Giubileo degli operatori di giustizia, a Piazza San Pietro, è stato ricordato il giudice Rosario Livatino, beatificato nel 2021. "Per lui - ha detto monsignor Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi - la fede e il diritto erano realtà interdipendenti, tra le quali a volte c'è un confronto armonioso, a volte lacerante, ma sempre vitale e indispensabile". Arrieta ha ricordato che Livatino siglava i documenti con l'acronimo 'stD'. All'inizio non si capiva che cosa volesse intendere ma poi si scoprì che quelle tre lettere stavano per 'sub tutela Deì perché "Livatino aveva la consapevolezza di svolgere una funzione alla presenza dell'Altissimo e confidava in Lui".
Anche la Treccani gli rende omaggio
In occasione dell’anniversario, l’Istituto della Enciclopedia italiana Treccani, in collaborazione con la