Automotive

"L'Europa non è pronta". Anche Prodi boccia il bando Ue sull'auto

Romano Prodi boccia la svolta europea che porterà al 100% di auto elettriche nel 2035: per l'ex premier la neutralità tecnologica è la via da seguire

L'ex premier Romano Prodi
L'ex premier Romano Prodi

Romano Prodi boccia la decisione europea di mettere al bando l'auto a combustione interna entro il 2035 e si dice "preoccupato" per lo stop deciso da Bruxelles e approvato da Strasburgo al Parlamento Europeo. L'ex presidente del Consiglio e della Commissione Europea ha affidato a un editoriale pubblicato su Il Messaggero le sue riflessioni.

"La decisione di abbandonare la produzione di ogni tipo di automobile spinta da un motore a diesel o a benzina, per passare ad un sistema a trazione puramente elettrica in tempi così ristretti (entro il 2035), ci obbliga infatti a mettere in secondo piano i progressi in corso nel campo dei biocarburanti, dell’idrogeno e delle altre tecnologie che vedono l’Europa combattere ad armi pari", scrive Prodi nel suo articolo. In sostanza Prodi riprende la tesi che hanno espresso Giancarlo Giorgetti da ministro dello Sviluppo Economico con Draghi e ministro dell'Economia con Giorgia Meloni, esponenti di Forza Italia come l'eurodeputato Massimiliano Salini e il ministro dello Sviluppo Economico Adolfo Urso di Fratelli d'Italia: la neutralità tecnologica sarebbe la svolta migliore per una vera transizione e concentrarsi sull'innamoramento per una singola tecnologia, in questo caso l'elettrico, può non essere pienamente efficace per il settore auto. Mettendo inoltre a rischio la filiera della componentistica italiana.

Una tesi ribadita da Prodi in un collegamento col Tg1 del 21 febbraio: "Sono preoccupato", ha ribadito il politico ed ex boiardo di Stato bolognese. A spaventare Prodi il fatto che con "un termine così drastico sullo stop alle auto a benzina, diesel e ibride" l'Europa rischia di smantellare un settore industriale proficuo perché "sull'elettrico sono già molto avanti cinesi e americani. L'Europa, che non ha fatto una politica industriale, è rimasta indietro, e attenzione: il nostro continente è responsabile di solamente il 7% delle emissioni globali di diossido di carbonio e le automobili contribuiscono solo per l'1% a livello mondiale".

Prodi coglie con attenzione i rischi di sistema che la svolta elettrica può, se non sarà ben governata, comportare: si rischia la desirtificazione industriale del comparto della componentistica, che è oggigiorno il motore dell'industria auto europea e può essere depauperata da un trasferimento massiccio verso la Cina e gli States della tecnologia e della produzione.

Prodi perora l'autonomia strategica europea anche in ambito automotive e non fa del tema dello stop al 2035 un dualismo sull'asse "elettrico si/elettrico no", ma contesta il mettere l'ideologia di fronte al pragmatismo. E pensando al fatto che a perorare la decisione sono state soprattutto le sinistre del Parlamento Europeo la presa di posizione è di ancora maggiore importanza. Si può considerare una delle strane ironie della storia il fatto che Prodi pensi ora all'autonomia, all'industria e ai posti di lavoro dopo aver a lungo avallato privatizzazioni e svendite del patrimonio pubblico nazionale. La svolta al 2035 imporrà una ristrutturazione totale del sistema industriale dell'auto europea, pena una problematica tendenza al declino di un comparto intero. L'Europa è pronta? Secondo Prodi, no.

E la parte politica a lui più vicina dovrebbe riflettere seriamente su questo monito.

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