Le avventure di Agatha sull'Orient Express

Le avventure di Agatha sull'Orient Express

Atlante degli artisti in affari, di Daria Galateria (Sellerio, pagg. 235, euro 15), va dalla A di Antibes, in Francia, alla X di Xi'an, l'antica capitale della Cina, passando per la B di Baku, la C di Casablanca, la E di Edirne, la G di Gerusalemme e insomma per un catalogo dei luoghi che supera in numero la sessantina e nel quale campeggiano almeno altrettanti romanzieri, poeti, pittori, musicisti, intellettuali vari colti in un momento particolare della loro vita, un viaggio, appunto, di lavoro, uno spostamento creato da esigenze occasionali, un incontro fortuito e che però si rivelerà centrale nelle loro biografie. Anche qui, il fascino dei nomi si impone già soltanto con il darne conto: Georges Simenon e Coco Chanel, Ernst Jünger e Jean-Paul Sartre, Louis-Ferdinand Céline e Henry Bergson, Stephan Zweig, Gershwin, William Somerset Maugham In un paio di fulminee paginette, scritte con una sorta di svagato understatement, Daria Galateria ci immerge in un brodo di coltura che è anche un piccolo manuale di cultura: c'è tutto l'essenziale e ciò che ne rimane fuori è il superfluo biografico, quel superfluo di cui sono maestri indiscussi gli anglosassoni, autori di ponderose vite di centinaia e centinaia di pagine dove di un'esistenza c'è tutto, minuto per minuto, ma ahimè troppo spesso quello che non c'è è il quid, il perché che rende quella vita così particolare.

Daria Galateria, del resto, è una francesista, la principessa delle nostre francesiste, si può dire, e per lei vale, nella scrittura, quella che era l'essenza stessa della "civiltà della conversazione" quale si praticava nella Francia prima della Rivoluzione del 1789 e di cui purtroppo fra Otto e Novecento si è rivelato inservibile lo stampo: gusto dell'aneddoto, precisione del dettaglio, sottile perfidia descrittiva, suprema ironia nel prendere sul serio il futile e nel trattare con futilità il serio.

Facciamo qualche esempio. Negli anni Trenta Agatha Christie viaggiava spesso sull'Orient-Express, questo "cordone ombelicale che teneva unita la Turchia all'Europa", secondo il giudizio di uno scrittore vagamondo quale Paul Morand. La Christie lo prendeva perché, per dovere coniugale, accompagnava nelle trasferte il marito Archibald, funzionario dei servizi segreti britannici. Non era un matrimonio felice: lui era un donnaiolo, lei non era una bellezza

Ecco come la Galateria descrive i passeggeri di quel mitico treno: "C'erano gli Ottomani con le misteriose mogli sorvegliate dagli eunuchi - neanche i controllori potevano entrare nei loro scompartimenti(); americani carichi d'oro per ottenere, con la corruzione, concessioni di pozzi petroliferi; finanzieri che portavano prestiti allo zar, maragià indiani raccolti in preghiere a Visnù, che ostentavano le mogli di caste alte, un punto rosso o un diamante fra le sopracciglia". Durante uno di quei viaggi, racconta ancora, il mercante d'armi Basil Zaharoff "fu risvegliato da grida e colpi alla porta: e gli precipitò in braccio Maria del Pilar, 17 anni, in viaggio di nozze e in camicia da notte strappata". Era andata in sposa al figlio dell'Infante di Spagna che però, completamente fuori di testa ora la inseguiva con un pugnale "tempestato di pietre"... Per farla breve, "Zaharoff si innamorò di Maria per sempre e le regalò il casinò di Montecarlo; l'aggressore fu internato e alla sua morte i due convolarono".

E Agatha Christie? Lei ha intanto divorziato e sempre sull'Orient-Express ha conosciuto un prestante archeologo, Max Mallowan, che ha il compito di farle visitare gli scavi di Ur. Scesi dal treno, proseguono in macchina, ma sulla pista nel deserto l'auto si blocca, il motore in panne. Max si preoccupa: il sole, il caldo, la solitudine, la scarsezza d'acqua, l'assoluto silenzio. Agatha si mette all'ombra della vettura e, tranquillamente, si addormenta. "Max si innamorò. Come si seduce dunque un uomo? Con le urla, come Maria, o dormendo, come Agatha Christie?".

Prendiamo la quindicenne Irène Némirovsky, nel gennaio del 1918 in fuga dalla Russia alla Finlandia dopo la Rivoluzione d'Ottobre. Nel vecchio albergo di un villaggio di confine, in Carelia, scrive Daria Galateria, "l'elettricità era tagliata da novembre; Irène non aveva mai visto luogo più misero, si giocava a bridge e gli ebrei facevano affari finti per non perdere l'abitudine; però c'erano libri sparigliati di Balzac e di Dumas, e gli alberi erano fragili edifici di zucchero, pezzi di specchio e scaglie di diamanti; per la noia Irène, la futura scrittrice, cominciò a scarabocchiare".

Con un particolare, un inciso, un giro di frase Daria Galateria ci mette di fronte a un carattere, una vocazione, una decisione, nonché a quelli che sono gli zig-zag e i contorsionismi osceni del "politicamente corretto" che si può riscontare a ogni crocevia della storia. Si prenda il caso di Josephine Baker. All'inizio della Seconda guerra mondiale viene arruolata nei servizi segreti della Francia libera. È una celebrità, va in tournée in Spagna, Portogallo, Brasile, in Africa, nessun ricevimento d'ambasciata le è precluso: è l'informatrice ideale. Così, scrive Daria Galateria, "Josephine si imbarca verso Casablanca, in tutta semplicità (ventotto bauli, i macachi, i topi bianchi, i criceti, i gatti, i due pechinesi, Bigoudi e Point d'interrogation, e l'alano bianco Bonzo). Marrakesh, Fez, Bengasi, il Cairo, Haifa e Damasco, sulle piste minate, tra carcasse d'aerei abbattuti, automobili bruciate, campi di battaglia, in una piccola jeep". A guerra finita, sarà sul palco di Algeri con il generale de Gaulle, vedette nel Palazzo di Giustizia di Berlino al galà "offerto dagli Alleati ai quattro generali inglese, francese, russo e americano" E però, chiosa la Galateria, "a New York, nel dopoguerra, venne mandata via (sorry, very sorry) da dodici alberghi. Insomma, rifiutare lei, che ha combattuto il nazismo per quelle idee sulla razza". C'è qualcos'altro da dire sull'argomento? Lo si potrebbe dire meglio? Crediamo di no.

Moderna miniaturista, l'autrice di Atlante degli artisti in affari ci dà, pagina dopo pagina, luogo dopo luogo, scrittore dopo scrittore, quell'elemento clou che illumina sia i paesaggi sia le psicologie. Come ufficiale addetto alla sussistenza, Stendhal segue la campagna di Russia, dall'ingresso vittorioso a Mosca, agli incendi che la riducono in cenere, alla disastrosa ritirata di pochi mesi dopo. Non è un uomo d'armi, non ha il phisique du rôle: è grassoccio, l'uniforme non gli si addice. Eppure, come scrive la Galateria, "conversa come si deve fare, senza darsi importanza ma correndo come sui carboni ardenti e si fa così la fama di cuore di ferro; stupisce anche il superiore, mostrandosi rasato con cura alla Beresina". Mentre la Francia annega nella disfatta, c'è ancora chi per stile ci tiene ad avere il volto in ordine Un quarto di secolo più tardi, Charles Baudelaire si prodigherà, con estrema freddezza e coraggio a salvare dal naufragio la nave che lo porta alle Isole Bourbon.

Al momento di sbarcare, su una scala di corda inclinata, sospesa a riva a un enorme palo, "con alcuni libri sottobraccio procede lentamente, gravemente, incalzato dal mare che saliva. L'acqua lo sommerge, viene ripescato a fatica; e inaudito, sempre coi suoi libri al fianco. Scese a terra calmo e freddo, ignorando le urla degli spettatori che non sapevano cosa fosse un dandy". Chapeau.

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