Auto, immatricolazioni in stallo: cosa sta succedendo

Il Centro studi Promotor: "Una stagnazione, se non addirittura di un’ulteriore diminuzione dei volumi di vendita, quadro che riguarda l’intera Ue"

Auto, immatricolazioni in stallo: cosa sta succedendo

In Italia, a maggio, immatricolazioni di auto stabili rispetto al 2024: -0,16%, cioè 139.390 unità. Stesso discorso se si guarda ai primi 5 mesi dell’anno: -0,54%, ovvero 722.452 veicoli usciti dalle concessionarie. La prospettiva, a questo punto, come riferisce Gian Primo Quagliano (Centro studi Promotor), e se nulla nel frattempo succede, è quella «di una stagnazione, se non addirittura di un’ulteriore diminuzione dei volumi di vendita, quadro che riguarda l’intera Ue». Una situazione, dunque, sempre più preoccupante. «A questo punto - si chiede Quagliano - come salvare l’auto europea della catastrofe?». A tutt’oggi, infatti, nessuna misura significativa è stata annunciata da Bruxelles, nonostante promesse e prese atto dei tanti problemi, se non la decisione di spalmare su tre anni le multe irrogate dalla stessa Ue per costringere le case automobilistiche a seguire i suoi diktat. Ancora Quagliano: «In questo quadro, sembra proprio che il primo problema da risolvere sia come salvare l'auto europea dall'Unione europea e dalle sue politiche ispirate non all’ambientalismo razionale, ma all’ambientalismo ideologico».

È questo lo scenario che il nuovo ceo di Stellantis, Antonio Filosa, ufficialmente operativo con la sua squadra rinnovata dal 23 giugno, si troverà ad affrontare. Guardando proprio a Stellantis, il mese scorso le consegne sono scese dell’8% , come anche da gennaio. Tra i marchi, a maggio solo Peugeot (+31,5%) e Alfa Romeo (+24%) sono positivi, mentre Lancia (-83%) e Maserati (-38,6%) risultano quelli con il dato peggiore. Gli altri: Fiat (-7,9%), Citroën (-6,5%), Jeep (-10,1% con Avenger, comunque, il Suv più richiesto dagli italiani), Opel (-13,9%) e Ds (-4,2%). La quota di mercato del gruppo arretra, a maggio, dal 30,5% al 28,1% e nei cinque mesi dal 32,5% al 30,1%. Volumi e percentuali in attesa di conoscere, nelle prossime settimane, i dati ufficiali del mercato europeo.

Anticipazioni, in proposito, sono arrivate dalla Francia, altro Paese strategico per Stellantis, dove la crisi delle vendite è però più accentuata: -12,3% a maggio, peggio di aprile (-5,64%). Oltralpe nessun costruttore sfugge a questa tendenza, che colpisce sia le auto a benzina sia i modelli elettrici, mentre il mercato dell’usato rimane stabile. Un calo che continua a colpire anche Stellantis (-10,1%), frenata da Fiat e Opel.

Tornando all’Italia, il momento nero continua ad affliggere Tesla (-20,3%), mentre i marchi cinesi sono in grande spolvero: +16,1% Mg (Saic) e 2,7% di quota, +3.569% Byd (1,4% la quota), +4.840%, Omoda (0,7%) e, sempre in maggio, +4,7% la Dr di Macchia d’Isernia che importa, riadatta e assegna ai suoi brand vetture dalla Cina. Tra i peggiori del mese figura anche Jaguar (-85,3%) che paga la bocciatura del re-branding, da parte del pubblico, insieme all’orientamento verso il «tutto elettrico».

A livello di alimentazioni, nel mese di maggio i risultati migliori sono stati segnati dalle motorizzazioni più ecologiche: le 100% elettriche, pur non replicando il dato di aprile (+108%), sono cresciute del 42%, le immatricolazioni di plug-in hybrid sono balzate in avanti del 93%, mentre le full hybrid hanno fatto segnare una crescita del 12%, «comunque significativa - spiega la nota di Dataforce - perché, in termini di volumi, le ibride “chiuse” raggiungono il doppio di nuove targhe rispetto alle plug-in».

Molto bene anche le auto a Gpl, che a maggio hanno fatto segnare un incremento del 40%. In calo, invece, le immatricolazioni di vetture a benzina (-7%), anche se le mild hybrid sono salite del 12% (mentre le benzina senza “l’aiutino” sono calate del 20%). Male anche il Diesel, che a maggio scende del 23% e mantiene una quota di mercato di poco superiore al 15%. Un dato che si conferma anche nel cumulato annuo.

«Il sostanziale pareggio con maggio dello scorso anno - le conclusioni di Massimo Artusi (Federauto) - esprime la fotografia di un mercato poco frizzante, in cui gli acquisti da parte delle famiglie sono tendenzialmente al ribasso, con un significativo sostegno alle immatricolazioni da parte del noleggio e un non trascurabile contributo delle reti concessionarie con i propri “km 0”. Il rapporto quotidiano con il mercato ci rende partecipi dello stato di disagio del cliente che, oltre a essere condizionato dalla propria capacità di spesa, certamente lo è soprattutto dal clima di incertezza generale e specifica per il settore. Lungi da una chiara definizione del tema dazi, resta la spada di Damocle del Piano di Azione per l’Automotive, inflessibilmente indirizzato alla conversione verso l’elettrico. Questa situazione non facilita le scelte del cliente».

Critico, infine, il presidente dei concessionari italiani, sulla recente messa in atto, da parte del governo, di un piano di incentivi mirato. «In questo contesto - afferma Artusi - non crediamo funzionale la misura proposta nell’ambito della revisione del Pnrr, consistente in un programma di rottamazione delle auto che prevede la cessione di un veicolo termico e la sua sostituzione con uno elettrico di nuova acquisizione.

Abbiamo già visto che la politica degli incentivi non sempre premia e, comunque, genera volumi aggiuntivi non rilevanti, rispetto al tema generale della transizione, specie se circoscritti a una sola tecnologia, come imposto dalle regole europee».

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