
Italdesign e sindacati oggi a confronto dopo che il gruppo Volkswagen, attraverso Audi che ne detiene il controllo, ha messo sul mercato l'azienda di Moncalieri fondata nel 1968 da Giorgetto Giugiaro e Aldo Mantovani. Per i sindacati metalmeccanici, già alle prese con il futuro sempre più nebuloso di Stellantis e della componentistica piemontese, il sacrificio di Italdesign suona come un affronto in quanto considerata un «peso».
Dopo aver annunciato 35mila tagli entro il 2030, chiusure di impianti e abbassato gli stipendi ai manager, ecco che l'impellente necessità di fare cassa (-41% gli utili del gruppo nel primo trimestre) comincia a intaccare i gioielli della corona. E, guarda caso, i riflettori di Wolfsburg sono stati subito puntati sull'azienda italiana guidata dall'ad Antonio Casu.
L'azienda torinese, che ai tempi d'oro aveva ideato modelli passati alla storia, come la Volkswagen Golf e la Fiat Panda, dev'essere sacrificata. Troppo elevati gli investimenti portati avanti in nome di una transizione green imposta dalla Commissione Ue che ogni giorno si rivela sempre più fallimentare. Per i Giugiaro, Giorgetto e il figlio Fabrizio, attuale ceo di GFG Style, il possibile passaggio di mano di quella che rimane la creatura di famiglia rappresenta un duro colpo. E nulla c'entra che non abbiano più in mano un'azione dopo la vendita definitiva, nel 2019, del rimanente 10 per cento. Un passo obbligato dopo la scomparsa di Ferdinand Piëch, grande capo di Volkswagen, amico sincero e punto di riferimento di Giorgetto. «È ovvio che siamo profondamente dispiaciuti - commenta Fabrizio Giugiaro -: Italdesign era nelle mani giuste, a quei tempi il gruppo più forte in assoluto. Ora, per consegnare Italdesign a qualcun altro, devono mandare via almeno qualche centinaio di persone».
Perché questo possibile taglio di personale?
«Semplice: Volkswagen ha appesantito l'azienda di personale in eccesso. Per ogni posizione ne hanno messi due. Noi italiani, invece, con poco siamo riusciti a fare tanto».
Italdesign, da sempre considerata un'eccellenza del settore. Eppure...
«È doloroso vedere la non volontà tedesca di capire le opportunità che può avere il gruppo continuando a utilizzare Italdesign. All'interno sono più bravi, veloci e anche economici, però sono italiani e gli italiani vanno brasati. È un errore mettere Italdesign sul mercato per fare un po' di cassa. Prima che cedessimo Italdesign a Volkswagen, papà Giorgetto e io in un solo anno avevamo realizzato 50 modelli. Un errore disfarsene in quanto è un fiore all'occhiello, un'azienda che per i loro marchi è perfetta».
C'è stata una sorta di declassamento progressivo di Italdesign in questi ultimi anni?
«Il vertice attuale di Volkswagen avrebbe dovuto verificare che ogni lavoro assegnato a fornitori esterni sarebbe dovuto prima passare al vaglio di Italdesign, come dagli accordi presi con Ferdinand Piëch e sempre rispettati durante gli anni del suo governo a Wolfsburg».
Quale futuro, a questo punto, per l'azienda torinese?
«I tedeschi prediligono i fornitori di casa.
Con la Fiat di una volta l'abbinamento sarebbe stato perfetto, ma il baricentro del gruppo ora è a Parigi. Neanche a parlarne. Risulterebbe più logico rivolgersi a Paesi extra-europei. Troppi i problemi che assillano il Vecchio continente».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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