Le banche non vogliono il fallimento di Zunino

Con un attivo di circa 5 miliardi di euro e debiti per 3 miliardi, il patrimonio netto della Risanamento è ampiamente positivo. Su questi numeri si gioca la scommessa delle banche per la sopravvivenza del gruppo immobiliare di Luigi Zunino. La procura di Milano chiede il fallimento, mentre gli istituti (in testa Intesa, Unicredit, Banco Popolare Bpm) cercano una soluzione che permetta di evitare il passaggio dei crediti alla voce «sofferenze»: si tratta di almeno 2,6 miliardi di prestiti bancari, cui vanno aggiunti i 220 milioni del bond in scadenza nel 2014.
I pezzi pregiati di casa Risanamento sono i due progetti milanesi di Santa Giulia, a Rogoredo, e dell’ex Falck, a Sesto San Giovanni. Da soli i due asset costituiscono circa il 60% dell’intero patrimonio del gruppo. Il comune di Sesto ha peraltro da poco approvato il nuovo Pgt (piano di governo del territorio) riguardante l’area Falck, che dovrebbe garantire un aumento di valore della proprietà. Tra gli altri attivi c’è l’ampio portafoglio di proprietà a Parigi, costituito da immobili di pregio, dal valore di circa un miliardo di euro e l’immobile di New York al 660 di Madison Avenue, a vocazione soprattutto residenziale. A completare il patrimonio del gruppo una serie di partecipazioni minori, gestite a livello di trading, sparse tra Milano (corso Vittorio Emanuele e Galleria Passarella), la Lombardia, Roma, il Piemonte, la Liguria e l’estero.
Novità concrete sui destini della Risanamento, dopo la richiesta di fallimento di giovedì scorso, potrebbero arrivare con il cda di questa mattina. I consiglieri saranno chiamati a valutare il piano di salvataggio elaborato e discusso dalle banche creditrici insieme a Gerardo Braggiotti e alla sua Leonardo durante un concitato fine settimana. Il primo passo potrebbe essere, già questa mattina, la richiesta di dimissioni dalle cariche di presidente e amministratore delegato di Luigi Zunino, ormai di fatto esautorato dal controllo della Risanamento. Le banche creditrici detengono in pegno un grosso pacchetto di azioni (26% Unicredit, 19% Intesa Sanpaolo) e pensano ad un amministratore «di garanzia» che traghetti il gruppo durante questa fase assai complicata.
Sarà ad ogni modo un piano radicale, del tutto diverso da quelli che si sono succeduti nell’ultimo anno e mezzo, incapaci di imporre un cambio di prospettiva per il gruppo al di là della risoluzione dei problemi finanziari immediati. La data clou per ora è quella del 29 luglio, quando si terrà l’udienza del Tribunale di Milano per l’istanza di fallimento richiesta dalla Procura. Non basteranno di sicuro le dimissioni di Zunino per convincere il Tribunale a mettere da parte l’ipotesi di bancarotta. Anche perché, come ha stimato qualcuno, solo le esigenze di liquidità di breve periodo potrebbero superare il mezzo miliardo di euro.
Le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi parlano di un’iniezione di liquidità nell’immediato fino a 110 milioni, cifra che potrebbe non risultare sufficiente in caso di peggioramento del quadro generale, ma che di fronte ad un piano credibile permetterebbe alla Risanamento di tirare una boccata d’ossigeno.

Le banche sarebbero pronte a convertire in azioni parte dei loro crediti, e a rivedere le scadenze del debito, ma la partita vera e propria si giocherà con le dismissioni: candidata numero uno per la vendita resta l’area Falck di Sesto. Della sua cessione si è già parlato molto nei mesi scorsi, ma le varie trattative non hanno finora mai portato a risultati concreti.

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