Alzheimer, uno studio svela un nuovo fattore di rischio: ecco quale

Tra le varie conseguenze negative dell'obesità ora figura anche il morbo di Alzheimer. Lo ha rivelato un nuovo studio

Alzheimer, uno studio svela un nuovo fattore di rischio: ecco quale
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Secondo gli scienziati dello Houston Methodist Academic Institute l'obesità potrebbe essere un importante fattore di rischio per il morbo di Alzheimer.

Lo studio pubblicato su Alzheimer's & Dementia: The Journal of the Alzheimer's Association ha rivelato che le vescicole extracellulari, ovvero minuscoli messaggeri rilasciati dal tessuto adiposo, sono in grado di trasportare segnali dannosi che accelerano l'accumulo di placche di beta-amiloide nel cervello.

Queste vescicole, poiché attraversano anche la barriera emato-encefalica, sono considerate dei veri e propri connettori pericolosi tra il grasso corporeo e la salute cerebrale.

Che cos'è il morbo di Alzheimer

Il morbo di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa caratterizzata da una progressiva e irreversibile perdita delle funzioni cognitive. Con circa 24 milioni di diagnosi in tutto il mondo, colpisce soprattutto gli anziani over 80. Raramente si verifica prima dei 65 anni. In questo caso si parla di disturbo neurocognitivo maggiore.

Il cervello di un paziente, oltre a subire una degenerazione continua, assiste anche ad una riduzione della reattività dei neurotrasmettitori (in particolare dell'acetilcolina) e a varie anomalie tissutali. Tra queste i depositi di beta-amiloide, le placche senili, i grovigli neurofibrillari e gli alti livelli di proteina tau.

Le cause del morbo di Alzheimer

Attualmente le cause del morbo di Alzheimer sono ancora sconosciute. Il 90% delle diagnosi si manifestano in assenza di ereditarietà e solo nel 10% dei casi si riscontra un'effettiva familiarità. Nonostante ciò la componente genetica svolge un ruolo determinante.

Infatti un genitore malato ha il 50% di probabilità di trasmettere al figlio il gene alterato e la metà degli individui che lo ereditano sviluppano il disturbo prima dei 65 anni. I geni incriminati sono i seguenti: APOE-e4, APP, PSEN1, PSEN2, C4A, PVRL2, APC1.

Nel 2022 gli scienziati del Centro Tedesco per le malattie neurodegenerative hanno poi individuato un legame tra la demenza e la proteina Medin. Quest'ultima si deposita nei vasi sanguigni cerebrali e si aggrega alla proteina beta-amiloide.

Lo studio

Lo studio, guidato dai ricercatori Stephen Wong e John S. Dunn e primo nel suo genere, ha esplorato il legame tra il morbo di Alzheimer e l'obesità che colpisce circa il 40% della popolazione degli Stati Uniti.

Il team è giunto alla conclusione che le vescicole extracellulari di derivazione adiposa possono segnalare l'accumulo di placche di beta-amiloide negli individui obesi. Abbiamo visto che tali placche sono una caratteristica chiave della malattia.

Si è compreso che il carico di lipidi di questi messaggeri cellulari differisce tra persone obese e soggetti magri. Tra questi due gruppi, inoltre, è altresì differente la velocità con cui la beta-amiloide si aggrega nei modelli di laboratorio.

Prospettive future

Utilizzando modelli murini e campioni di grasso corporeo dei pazienti, gli scienziati hanno esaminato le vescicole che viaggiano in tutto il corpo e agiscono come messaggeri coinvolti nella comunicazione cellula-cellula. Tali minuscoli comunicatori sono altresì in grado di attraversare la barriera emato-encefalica.

Gli studiosi ritengono che prendere di mira i messaggeri cellulari e interrompere la loro comunicazione può aiutare a ridurre la probabilità di sviluppare il morbo di Alzheimer negli individui obesi.

Ora il loro lavoro deve concentrarsi

sul possibile contributo della terapia farmacologica nel fermare o rallentare l'accumulo di proteine tossiche correlate alla patologia neurodegenerativa nelle persone a rischio.

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