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BERLUSCONI: IO NON MOLLO

Nei colloqui privati il premier si dice sorpreso per il richiamo di Napolitano al voto anticipato: non mi aspetto trattamenti di favore, ma almeno un comportamento pari a quello tenuto col governo precedente che si reggeva su un solo voto al Senato

BERLUSCONI: IO NON MOLLO

Roma - La lunga passeggiata per l’immenso giardino di Villa Certosa contribuisce almeno in parte a recuperare il buon umore. Soprattutto in vista di una settimana che si annuncia di fuoco, con la decisione del gip di Milano sul giudizio immediato - con conseguente e inevitabile pubblicazione di altre intercettazioni - che è attesa per oggi o al più tardi domani. Si ricomincia a ballare, dunque. Ma se l’appuntamento con il gip era in agenda da tempo, quel che davvero Berlusconi non pensava di dover affrontare in queste ore è l’affondo del Quirinale che sabato, per la prima volta da quando è scoppiato il caso Ruby, ha secondo il premier deciso di «scendere in campo». Un segnale niente affatto confortante. Perché anche prendendo per buono quel che si mormora nei corridoi di Palazzo Chigi - e ciò che il capo dello Stato abbia dovuto cedere alle forti pressioni subite negli ultimi giorni dall’opposizione, dall’ex presidente Scalfaro e dal fondatore di Repubblica Scalfari in particolare - non c’è dubbio che l’affondo del Colle contribuisce a mettere ancor di più nell’angolo il Cavaliere. Che, lo ripete anche nelle telefonate domenicali dal buen retiro di Villa Certosa, non ha alcuna intenzione di fare passi indietro. Al contrario.

Così, a conferma delle indiscrezioni che raccontavano di un Berlusconi furibondo per la nota del Quirinale in cui si evocava la fine anticipata della legislatura, i capigruppo del Pdl di Camera e Senato mettono nero su bianco una durissima nota congiunta. Cicchitto, Gasparri, Quagliariello e Corsaro non pronunciano mai il nome di Napolitano, ma il Colle aleggia su ogni riga della lunghissima dichiarazione. Che ha tre passaggi decisivi. Il primo è quello sulle responsabilità del clima che si è venuto a creare, «determinato dall’azione di opposizioni vecchie e nuove che vorrebbero trarre vantaggio da una minoranza di magistrati» che «operando in contrasto con lo spirito e il dettato della costituzione rischiano di mettere in dubbio il verdetto della sovranità del popolo». Il secondo, decisamente più duro non tanto nei toni quanto nel merito, è quello che evoca il governo Prodi. Sul punto, infatti, Berlusconi nei suoi colloqui privati è stato netto: da Napolitano non mi aspetto certo trattamenti di favore, ma almeno un comportamento pari a quello avuto con Prodi che per un anno e passa ha tirato a campare su un voto al Senato senza che mai il Colle si permettesse di evocare le elezioni.

Non è un caso che i capigruppo sottolineino come la situazione attuale è «ben diversa da quella che si determinò la scorsa legislatura» quando il governo «si reggeva sul solo voto dei senatori a vita» e per questo era portato a «scongiurare il più possibile la verifica del voto d’aula». Suona come un avvertimento, invece, l’ultimo passaggio: «Il centrodestra saprà nei prossimi giorni distinguere la sobrietà dei comportamenti dal cedimento all’arrendevolezza e alla subalternità a quanti credono di poter vantare legittimazioni differenti da quelle che solo il principio democratico può offrire». Insomma, il Pdl è pronto a puntare il dito contro chi si schiera contro la sovranità popolare. Che si tratti dei magistrati, del presidente della Camera o del presidente della Repubblica. Un modo per mettere nero su bianco che se sabato non c’è stata alcuna presa di posizione ufficiale sulla nota del Colle da domani le cose andranno diversamente.

Avanti, dunque, con il rafforzamento della maggioranza. Proprio per evitare scivoloni parlamentari che possano aprire la strada al voto anticipato. Il sottosegretario Santanchè, per esempio, è convinta che alla Camera si possa andare anche oltre la quota di 320. Mentre il premier sta facendo pressioni su Tremonti perché sciolga i cordoni della borsa per rilanciare l’esecutivo. «D’altra parte - polemizza un ministro vicino al Cavaliere - Giulio mica fa il ministro perché ha vinto un concorso». Ed è proprio sull’azione di governo che, spiega il sottosegretario Bonaiuti, s’è concentrato ieri Berlusconi «alle prese con i dossier Fiat e immigrazione».

Resta da capire come Palazzo Chigi pensi di rispondere sul fronte giudiziario, visto che oltre al Rubygate al più tardi per settembre è attesa la condanna in primo grado nel processo Mills. Con il partito del voto che continua a trovare sostegno anche in una parte della Lega. La soluzione migliore, dice Maroni, sarebbe stata quella delle elezioni. E ancora: quello ipotizzato da Napolitano è «un rischio reale».

L’ennesimo assist del Carroccio al Colle che non fa mistero di apprezzare la linea «responsabile» della Lega.

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