(...) Io mi considero un giovanotto e il mio amico don Verzè mi ha assicurato che è possibile portare letà media a 120 anni. Un traguardo che è motivo di speranza, che si può raggiungere finanziando gli studi e lacquisto di macchinari».
La frase scelta per ricordare Rosa Berlusconi risale al 1994, anno della discesa in campo politico del leader del Pdl. «Mia madre, come i miei amici, era contraria. Dopo una sera di discussione ad Arcore, lautista la stava riportando a Milano quando lei gli chiese di tornare indietro. Io ero già nella mia camera da letto a guardare il soffitto, lei entrò è mi disse: Continuo a essere contraria ma se tu non lo facessi non ti riconoscerei come mio figlio. Se senti il dovere di farlo, devi trovare il coraggio di farlo». Come sia andata a finire è noto a tutti. Lui lo ripete: «Sono entrato in politica per non far cadere il Paese nelle mani degli eredi di Marx».
Fino a poco prima di morire Rosa Berlusconi andava spesso al Trivulzio in visita a unamica che viveva lì. Lo ricorda il presidente, Emilio Trabucchi: «Le abbiamo dedicato il più bello dei nostri reparti e abbiamo costruito un ascensore per le suore, a volte anziane, che assistono i nostri pazienti. La signora Berlusconi arrivava con due sacerdoti e lospite dellistituto, che credo sia stata la sua parrucchiera, malata di Alzheimer, si svegliava e aveva un sussulto».
Berlusconi ha raccontato che mamma Rosa era «molto affezionata alla Baggina e anchio». Il rapporto risale al dopoguerra: «A casa mia in quel periodo non cerano molti mezzi ma ogni domenica veniva a mangiare da noi unospite della Baggina, la signora Regina, che solitamente andavo a prendere io stesso per portarla a casa. A lei piaceva molto il lesso e noi ragazzi lo accettavamo per farla contenta. Una domenica si è presentata alla porta unaltra signora che ci ha detto: Regina è morta, ma mi ha detto di venire al suo posto».
La Baggina, come ha spiegato Berlusconi, è nata con il testamento del principe Tolomeo Trivulzio, che nel 1766 ha lasciato tutte le sue sostanze per la fondazione di «n ospizio di poveri vecchi» nel suo palazzo milanese.
Il Pio Albergo dei Poveri aprì i battenti nel 1768, ospitando centocinquanta tra uomini e donne a condizione che fossero attivi: «Il far stringhe, bindello, incannar filo e ogni altro lavoro semplice e facile ad eseguirsi sarà trattenimento per gli uomini... la filatura di lino, il far calze, merletti e simili... per le donne».
Come ha ricordato il presidente Trabucchi nel suo discorso di ieri, «è un onore presiederlo da cinque anni ma siamo in scadenza».
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