Boni zittisce il Pd: «Minetti? Non siete voi i giudici»

C’è tensione tra i corridoi del Consiglio regionale. Dopo le intercettazioni, le accuse e le illazioni non è semplice affrontare una giornata di aula. La consigliera Nicole Minetti, indagata nell’ambito della vicenda Ruby, mostra imbarazzo ma cerca di rispondere con voce ferma ai giornalisti che la aspettano all’uscita. I colleghi di partito le fanno quadrato intorno. Lei raccoglie le forze per qualche battuta al volo ma alla fine della mattinata, quando scocca la pausa della seduta, preferisce lasciare l’aula dall’uscita posteriore evitando le telecamere. «Non ho intenzione di dimettermi - si è limitata a dire l’ex igienista dentale di Berlusconi - Non sapevo che Ruby fosse minorenne. Questo accanimento mi sembra irrispettoso anche nei confronti degli altri consiglieri». Una volta seduta al suo posto in aula, Nicole Minetti parlotta con il collega Giorgio Puricelli, ex massaggiatore del Milan e suo compagno di listino alle scorse elezioni. Anche lui è coinvolto nelle intercettazioni sul caso Ruby ma mette subito in chiaro: «Ho partecipato a moltissimi pranzi e cene con il premier, tutti sempre nella massima eleganza, ottimo cibo, vino e musica. Sì, c’erano delle ragazze, ma ho sempre visto la massima correttezza».
La vicenda delle intercettazioni, dei festini e del coinvolgimento dei due consiglieri nei party a casa di Berlusconi non va giù al Pd che chiede a gran voce l’abolizione del listino. Sia la Minetti sia Puricelli infatti sono entrati in Consiglio regionale non con i voti degli elettori ma perché fortemente voluti dal premier nell’elenco «blindato» dei consiglieri. «Quindici consiglieri su 80 - critica Filippo Penati (Pd), vicepresidente del Consiglio - sono eletti nel listino senza muovere un dito, semplicemente andando a rimorchio della maggioranza. In questo modo il listino diventa il luogo del parassitismo e vassallaggio politico di chi come Formigoni ha dovuto accettare i nomi imposti da Berlusconi». Anche il capogruppo del Pd Luca Gaffuri si scaglia contro il listino: «Listino - interviene - è sinonimo di casino. Formigoni dovrebbe intervenire in aula, non può far finta di niente».
Ma il Pdl non coglie le provocazioni e cerca di smussare i toni della polemica, almeno fino a quando la magistratura non si pronuncerà sul caso. I consiglieri della Lega glissano sull’argomento, a cominciare da Renzo Bossi: «Sono in Consiglio per riforma e federalismo, non mi interessano queste cose». Anche il presidente dell’aula Davide Boni tiene a puntualizzare: «Il consiglio regionale non è un tribunale e il presidente del Consiglio non è un giudice, ma ha il compito di tutelare la presenza e l’onorabilità dei consiglieri. Nessuno è colpevole fino a prova contraria».
Solidarietà dai consiglieri del Pdl. Carlo Saffioti sostiene che ciò che accade nella vita privata dei consiglieri siano solo «fatti loro, del tutto privati».

E Stefano Carugo, il medico che con Nicole Minetti ha presentato una mozione per aggiornare la lista delle malattie rare, non dà giudizi personali. Si limita semplicemente a difendere il concetto di listino tanto criticato dall’opposizione. «È consentito dalla legge» taglia corto.

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