di Francesca Di Biagio
I libri fanno bene alla salute e sono taumaturgici, anche in assenza di malattie. Da Milano arriva la controproposta alla biblioterapia, la pratica psicoterapeutica di cui ultimamente si parla molto in Italia. «Per curarsi attraverso la letteratura non è necessario stare male e andare dallo psicologo. Le pagine hanno un potere salvifico per tutti» afferma Stefania Moro, che ha coniato il termine booktherapist e ne ha fatto un mestiere, oltre che un sito internet, un format radio-tv-web, un marchio depositato e un'idea di un centro che dovrebbe aprire in città nel 2009. Giornalista, editor e autore tv, viaggiatrice solitaria e amante di tutti i Sud del mondo, «milanese per sbaglio», Stefania Moro (42 anni), che vive in mezzo ai libri «sparsi per terra, sul tavolo della cucina, nei luoghi più impensati», tiene subito a precisare una cosa: «Un booktherapist non è uno psicoterapeuta e la mia non è biblioterapia. Parto dal presupposto che un libro può sempre salvare una vita, modificarla o illuminare su certezze ancora embrionali.
In pochi però se ne accorgono, ecco allora a cosa serve un booktherapist». Il valore della booktherapy Moro l'ha sperimentato sulla sua pelle sin dall'infanzia, con Cuore di De Amicis, «che mi ha fatto impegnare affinché la mia vita fosse il contrario di quella sequela di sfighe», poi- per citare i testi più significativi- con «Viaggio al termine della notte» di Céline, «che ha spezzato una pesante catena di miei pensieri ossessivi», con Guarire dal trauma di Judith Lewis Herman, «consigliatomi da un analista e che mi ha fatto uscire da un triplo trauma che avevo subito in una settimana». E così via, con tanti testi universalmente validi, «ma che devono essere letti al momento giusto»: Cent'anni di solitudine di Marquez è un toccasana per coloro che non riescono a staccare il pensiero da un chiodo fisso; Nuotare sott'acqua e trattenere il fiato di F. S. Fitzgerald è adatto agli aspiranti scrittori, eterni malati di incompiutezza; Al posto mio di Tina Pace è un piccolo gioiello di rara intelligenza, per far fronte con ironia a pulsioni isteriche causate dai dissapori della convivenza».
Del resto, per Stefania Moro, che già nel suo lavoro di editor svolge una funzione di booktherapist «sia delle pagine, che di chi le scrive», non è difficile, dopo uno scambio di pensieri e opinioni, capire i libri più consoni alla persona che ha di fronte e al periodo della vita che attraversa, per poi accompagnarla in un viaggio attraverso le righe. Un viaggio che si svolge nella sua casa, "davanti a un the" e che fino a poco tempo fa ha coinvolto amici e conoscenti, con un pagamento in baratto: «casse di pomodori e patate del Salento per un gruppo di compagni di mio figlio, cui ho fatto esilaranti session a base di Geronimo Stilton e Il Manuale del Guerriero della Luce di Coelho; un ciclo di massaggi per la mia schiena dolorante, in cambio delle lunghe chiacchierate letterarie con un amico ingegnere appassionato di poesia».
Da qualche tempo però l'attività è più strutturata, sono aumentate le richieste, i pagamenti «sono più civilizzati, anche se il baratto è la forma che amo di più» e la Moro ha pensato di creare un centro di booktherapy a Milano. «Ho già depositato il marchio The BookTherapist, ho un'idea forte, se trovo i soldi la realizzo, altrimenti continuerò a preparare il thé a casa per i miei compagni di letture».
Nel frattempo comunque c'è un altro interessante progetto in cantiere per la giornalista ed editor: un format tv sulla booktherapy in valutazione presso LA 7, «dove il libro sarà l'unico protagonista e il conduttore sarà eclissato. Bisogna lasciar parlare i testi».
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