Cronaca locale

Al caffè tra un libro e un «punto croce»

«Knit In Italy», ovvero l'antica arte dello sferruzzo. Tutti ne parlano, tutti la riscoprono, dalle dive di Hollywood agli artisti d'avanguardia. E naturalmente Milano non poteva che essere tra le città capofila della tendenza, grazie anche all'impegno della Nuova Accademia di Belle Arti sul lavoro a maglia. Perché lo knitting non consiste soltanto nell'incontrarsi per imparare a sferruzzare, ma anche nel comprendere quale possa essere la carica progettuale, creativa e culturale del lavorare ai ferri. Lo dimostrano eventi come «Sul filo della lana», la mostra che Philippe Daverio organizzò a Biella nel 2005 e che fu la capostipite di una serie, proseguita con le iniziative di Pitti Filati quest'anno e con il progetto di una mostra a novembre, a Milano che unirà i lavori degli artisti del filato e quelli degli knitter comuni.
L'occasione milanese glamour per parlarne è lo «Knitting Party» di domani al Design Café della Triennale (ore 18), ospiti d'onore La Pina e Diego di Radio DeeJay, grandi appassionati di sferruzzo, per presentare il romanzo di Kate Jacobs «Le amiche del venerdì sera» (Piemme, pagg. 416, euro 18,50) - da cui verrà tratto un film prodotto e interpretato da Julia Roberts - storia di come un negozio di filati nel cuore della Grande Mela si trasformi nel «covo» di un gruppo di amiche che tirando il gomitolo si scambiano confidenze e cercano di sgarbugliare anche matasse amorose.
Tuttavia, se è vero che la mania del gomitolo ha contagiato le star d'oltreoceano, da Sarah Jessica Parker a Uma Thurman, da Julianne Moore a Russell Crowe, e ha creato il «fenomeno knitting», tanto che ormai alcuni dei locali di Manhattan dove si sferruzza sono diventati più esclusivi di un set cinematografico, c'è da dire che le signore, e i signori, italiani appassionati di tricotage sono sempre stati un nutrito esercito. Solo che ora è venuto il momento di uscire allo scoperto e trasformare il cortile delle nonne riunite a crocchio sulle seggiole impagliate a confezionare sciarpe e golf per i nipotini in un agguerrito team di esperti di filati.
Una specie di «Sex and the City» dello sferruzzo, insomma? «Per noi che ci lavoriamo ogni giorno, si tratta ancora di un modo per rilassarsi. che però ha preso di recente ha preso dimensioni da prima pagina» ci spiega Nicoletta Morozzi, mamma della Pina e anche docente alla Nuova Accademia di Belle Arti, oltre che knitter d'antan. «Non bisogna però confondere il lavoro a maglia con una tendenza di stagione. È un modo per stare insieme che ha anche significati più profondi e dimostra che la voglia di fare da sé, anche oggetti semplici e quotidiani, aumenta sempre di più. Persone che non si sono mai viste prima si incontrano ai tavolini degli knit café nel pomeriggio e si raccontano una vita. Certi arrivano e non si siedono neanche, sferruzzano in piedi. E noi docenti dell'Accademia esaminiamo insieme agli studenti il fenomeno anche dal punto di vista culturale e sociologico: l'impatto della creatività di massa, della progettualità estesa a un numero sempre maggiore di persone. E' così che è nato il progetto Family Dress, ovvero un abito complesso che si moltiplica in altri abiti, che si va costruendo da ormai due anni attraverso l'invio di pezze di lana sferruzzate da chi partecipa al progetto in ogni parte d'Italia e poi unite insieme».
Durante lo Knitting Party di domani si chiudono anche ufficialmente i corsi di maglia della Triennale per quest’anno «scolastico».

Ma chi vuole continuerà ad incontrarsi anche d'estate, di solito il venerdì intorno all’ora del tè.

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