Calcio

Materazzi a Napoli compra la statuetta della testata di Zidane

Comprata dal re dei presepi Genny Di Virgilio: riproduce il colpo al petto che costò l'espulsione nella finale mondiale del 2006 al capitano francese

Materazzi a Napoli compra la statuetta della testata di Zidane

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Può una placida passeggiata lungo via San Gregorio Armeno, nel ventre pulsante di Napoli, trasformarsi in fretta in ricordo vivido della finale mondiale del 2006? La risposta è senz'altro affermativa se metti in conto i soggetti di questa per nulla articolata trama. Da un lato Marco Materazzi, che in quella partita ci rimise in carreggiata con un salvifico colpo di testa e disputò, complessivamente, un mondiale monumentale e impensabile da sostituto di Nesta. Dall'altro Genny Di Virgilio, il re dei presepi napoletani, ultimo discendente di una dinastia che porta avanti la nobile arte dallo sfumato 1830.

Marco se ne va oggi a spasso tra i vicoli napoletani quando, ad un tratto, una rappresentazione pittoresca cattura le sue pupille. Fa tintinnare il campanello della porta d'ingresso, entra nel negozio e chiede lumi. Gennaro Di Virgilio lo accoglie soddisfatto: sì, quella che stringe tra le mani è proprio la riproduzione della fatidica testata patita dal difensore in finale. Sorrisoni da parte di Materazzi, che ha digerito da un pezzo con disinvoltura la cosa, anche perché il risultato del match non poteva che suggerire altrimenti.

Il portafoglio viene estratto in fretta. L'ex centrale dell'Inter e della nazionale vuole comprarla. Parte la sequela delle foto di rito. Si slacciano sguardi divertiti. Quanti ricordi, del resto. Quella sera Zizou, che aveva trascinato la Francia in finale disputando un mondiale calcisticamente draconiano, aveva indotto un sudore freddo lungo la schiena di sessanta milioni di italiani. Quel pallone sistemato sul dischetto per un tempo infinito. Un'occhiata all'amico Buffon. Poi quello scavetto che pareva rimbalzare fuori e invece era passato oltre la linea. C'era voluta anche un'altra monumentale parata di Gigi su una sua frustata di testa, per diluirne il famelico estro.

Poi la partita era scivolata, carica di tensione avviluppante, lungo i binari del pareggio. In campo, succede, erano volati impropreri di ogni sorta. Al quinto minuto del secondo tempo supplementare però era accaduto l'imponderabile. Rimessa Italia. Materazzi ha qualcosa da aggiungere. Deve proprio dire a Zidane cosa pensa di sua sorella - questa la storica versione del francese - perché teme di non averne il tempo a fine partita. Zizou, eroe buono per eccellenza, si ferma di scatto. Si volta, fa due passi e poi, accecato da un'ira che sgorga irrefrenabile, lascia partire una capocciata potentissima all'altezza dello sterno di Marco. Che finisce lungo disteso, dolorante. Il resto è storia televisiva e non soltanto. Il capitano viene espulso. Sfila in trance accanto alla coppa. Quella che solleveranno gli azzurri di Marcello Lippi, grazie al rigore decisivo di Fabio Grosso.

Chissà quante volte ci avrà ripensato Materazzi, a tutte quelle scene. E chissà se le ha ripercorse mentalmente tutte anche ieri, l'ingombrante statuetta stretta in grembo, il volto disteso di chi quella botta l'ha assorbita ormai da diciassette anni. Vederla spuntare tra i presepi napoletani dev'essere stato un upgrade esperenziale. Un ritorno al passato che dischiude pensieri saporiti. Ruvido in campo, sciolto in questa sua autoironia.

Marco oggi ha vinto un'altra volta.

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