Di Canio e la retromarcia su Roma: «Non sono fascista»

Prima presenta ricorso tramite un legale spiegando che il suo è un saluto romano, ma non razzista. Poi, attraverso un altro avvocato, smentisce tutto

Gian Piero Scevola

«Sono una donna, non sono una santa», il tormentone canoro di Rosanna Fratello di una ventina d’anni fa, sta trovando oggi una nuova replica, non musicale però, ma a sfondo ideologico-politico. «Sono un fascista, non sono un razzista», le parole attribuite ieri mattina a Paolo Di Canio, dopo la squalifica di una giornata (e 10.000 euro di ammenda) che il giudice sportivo Maurizio Laudi gli ha affibbiato, a seguito del saluto romano rivolto alla tifoseria laziale in occasione della gara all’Olimpico con la Juventus. «Il saluto romano lo faccio perchè è un saluto da camerata a camerati, è rivolto alla mia gente. Con quel braccio teso non voglio invitare alla violenza, nè tanto meno all’odio razziale», la tesi sostenuta dal giocatore nel ricorso presentato alla Disciplinare dal legale incaricato, l’avvocato Bordoni. Ma in serata arriva la replica furente dello stesso Di Canio attraverso un altro avvocato, Giuseppe Consolo: «Sono pazzi, fuori dal mondo, sono veramente annichilito. Non ho mai detto di essere fascista e non razzista, ho sempre e solo manifestato a tutti che il mio saluto, peraltro fatto spesso a due mani, ha una valenza non politica ma esclusivamente di appartenenza sportiva. Questo è il mio pensiero e basta».
«Di Canio ha parlato solo tramite il ricorso, non ha rilasciato alcun commento», ha però precisato l’avvocato bolognese Gabriele Bordoni, figlio di un noto penalista e a sua volta esponente della destra radicale e tifoso biancoceleste. «Quella riportata dalle agenzie è la sintesi del pensiero di Di Canio, come si interpreta nel ricorso da me redatto. Il mio cliente ha parlato del caso solo con me, senza rilasciare dichiarazioni alla stampa e ha condiviso gli argomenti trattati nel ricorso che ha sottoscritto». Insomma, un vero e proprio giallo provocato dalle dichiarazioni diffuse dai due legali.
Ieri pomeriggio intanto un migliaio di tifosi biancocelesti hanno effettuato un sit-in pacifico in via Allegri davanti alla sede della Federcalcio, controllati da un imponente servizio d’ordine. Nubi scure si stanno però addensando su Di Canio: tra qualche giorno arriverà la decisione sul primo saluto romano, quello fatto a Livorno e la Fifa, dopo aver chiesto gli atti alla nostra federazione, potrebbe anche intervenire con una pesante squalifica. Ecco allora la strategia difensiva che diventa offensiva proprio nel lungo ricorso d’urgenza dell’avvocato Bordoni che non vuole solo ottenere l’annullamento della squalifica, ma vuol fare riconoscere l’assoluta assenza di illeciti nel saluto romano e intende fare giurisprudenza, sostenendo l’illegittimità della vigente normativa in tema di sanzioni sportive.
Sarebbe in sostanza violato l’articolo 111 della Costituzione, quello che prevede il contraddittorio, dai principi che regolano il processo sportivo. In particolare dall’art. 24 che limita il diritto alla difesa, perchè il giudice sportivo decide «inaudita altera partes», senza che l’imputato venga sentito. Sotto accusa anche l’art, 32 perchè la limitazione del diritto di impugnazione contraddice il principio del giusto processo, introdotto di recente nell’ordinamento.

Un ricorso rivoluzionario che, se accolto, modificherebbe il processo sportivo, dando l’addio a decenni di prassi consolidata. Ma la giustizia sportiva, che non procede come quella ordinaria, ha già pronta la risposta: improcedibile o inammissibile, così sarà considerato il ricorso di Bordoni.

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