Capanna: «La Cattolica chieda scusa per avermi espulso nel Sessantotto»

Mario Capanna, leader del Movimento studentesco degli anni ’70, chiede le scuse pubbliche alla Cattolica. E lo fa con una lettera al rettore dell’università dove studiava nel 1968. Motivo? L’espulsione di quarant’anni fa che non gli consentì di laurearsi in Filosofia.
«Caro Rettore - scrive Capanna nella lettera -, da quarant’anni mi brucia come una ferita aperta il fatto di non essermi potuto laureare all’università Cattolica. Ciò si è verificato non per mia scelta. Avevo già concordato con uno dei miei migliori maestri, il Prof. Emanuele Severino, l’argomento della tesi di laurea. Le vicende sono note. Venni espulso a seguito delle lotte studentesche, insieme a Luciano Pero e Michelangelo Spada (eguale sorte toccò poi, due anni dopo, allo stesso Severino), in base all’art. 47 dello statuto che prevedeva il trasferimento d’ufficio all’università statale più vicina per lo studente che persista in un comportamento contrario ai principi ai quali si informa l’Università Cattolica. Non sfuggiva allora e, a maggior ragione non può sfuggire oggi, che il provvedimento si basava su presupposti estremamente gravi: l’essere cristiani implica di per sé il rispetto dello status quo, anche se ingiusto; è illecito e illegale dare vita a un conflitto politico all’interno di una istituzione temporale; dei laici si arrogano la competenza di giudicare insindacabilmente l’ortodossia cattolica di altri laici. Già allora (22 gennaio 1968) un folto gruppo di docenti della Cattolica scrisse che l’espulsione si configurava come uno “strumento intimidatorio a difesa di quel principio di autorità che si vuole preservare con metodi del più duro paternalismo, scoraggiando l’iniziativa degli studenti che fino ad oggi si è mostrata idonea a produrre germi di reale rinnovamento”. Si è trattato innegabilmente di un atto autoritario di rappresaglia politica: alle nostre idee non furono opposte altre idee, ma la forza e la repressione. Chiedo perciò che le attuali autorità dell’università Cattolica porgano le scuse, formali e pubbliche, per quel provvedimento ingiusto sotto ogni profilo, che nelle settimane successive colpì molti altri studenti e persino docenti.

Sono passati quarant’anni, molto meno, è vero, dei trecento circa occorsi alla Chiesa per riconoscere che Galileo Galilei aveva ragione. Forse sarebbe bello non indugiare così a lungo. Un atto di giustizia è sempre il contrario di un atto di umiliazione. Confido nella dignità di chi è capace di compierlo».

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