Cronaca locale

«Casa, Imu dimezzata per i redditi bassi»

«Casa, Imu dimezzata per i redditi bassi»

Impossibile alzare oltre l’asticella. Le casse del Comune sono esauste, così quelle dei milanesi: è stato raggiunto il limite massimo di indebitamento. Palazzo marino non potrà può chiudere mutui o fare fideiussioni. Per poter fare nuovi investimenti è assolutamente necessario ridurre il debito dell’amministrazione, che ammonta alla bellezza di 4200 milioni di euro, contro i 4269 del 2010. Milano è al secondo posto nella classifica delle città italiane più indebitate dopo Torino. Così mancano nelle previsioni di spesa per il 2012 500 milioni di euro per la spesa corrente e 670 in conto capitale, rispetto al patto di stabilità.
E se gli uffici dell’assessorato al Bilancio stanno passando al setaccio i conti per tagliare le spese superflue, operazione che va sotto il nome pomposo di spending rewiev, e recuperare 100 milioni di euro, dall’altra parte si punta a far cassa con le nuove tasse, prima tra tutte l’Imu, l’imposta municipale unica. Proprio su questo punto si confronterà la giunta al vertice di giovedì sera.
La capogruppo del Pd, Carmela Rozza, sta già mettendo mano ai conti «per tutelare la classe media colpita da tasse che piovono ovunque e utilizzare la leva per dare risposte al bisogno abitativo della città». Come? «Tagliando Imu sulla prima casa a chi ha redditi bassi - spiega Carmela Rozza - e bloccando l’aliquota sulla seconda casa a chi affitta a canone calmierato, portando invece gli indici al massimo per chi tiene seconde e terze case sfitte».
Facciamo un passo indietro: l’Imu sulla prima casa, interamente incassata dai comuni (a fronte di mancati trasferimenti da parte del governo fino al 4 per mille) è fissata al 4 per mille, con una forbice di autonomia per le amministrazioni tra il 2 e il 6 per mille. L’intenzione della maggioranza sarebbe quella di incidere al minimo sui redditi medio e medio bassi per la prima casa, di cui è intestatario il 75% delle famiglie milanesi. Tradotto in numeri l’intenzione almeno del Pd sarebbe quella di «abbassare l’aliquota al 2 per mille per le famiglie con un reddito fino a 50mila euro annui, portando al 6 per mille quella per i proprietari con redditi superiori ai 150mila euro annui».
Ancora da definire - Palazzo Marino sta attendendo risposte e chiarimenti dal governo - la possibilità di modulare l’aliquota sui redditi, in alternativa «ragioneremo su esenzioni o incentivi di altra natura». Così l’Anci, l’associazione nazionale dei comuni sta facendo pressing perché il patrimonio immobiliare Aler e quello delle cooperative a proprietà indivisa sia «trattato» come prima casa, a differenza di quello di banche e assicurazioni. Come compensare i mancati introiti, da un’aliquota al 2 per mille, per esempio? «I conti sono ancora da fare, ma bisogna tenere conto che l’Imu è una tassa nuova rispetto all’anno scorso, garantisce comunque delle entrate» spiega Rozza.
E se l’Imu sulla seconda casa (la metà del gettito va allo stato) si annuncia pesante a fronte anche dell’aggiornamento degli estimi catastali che avrà l’effetto moltiplicatore sugli importi, una via di uscita c’è. Il Pd, infatti, lancia l’idea della differenziazione dell’aliquota «tra chi contribuisce a dare una risposta alla perenne fame di case della nostra città e chi invece tiene il proprio appartamento vuoto».

Tradotto in numeri: «Aliquota invariata al 7,6 per mille - spiega Rozza - per chi affitta a canone calmierato (500 euro al mese per 60 mq in media) e ritoccata al 10,6 per mille per chi decide di tenerle sfitte».

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