Caso Lombardia, tramonta la soluzione Maroni

Il premier preoccupato da ricadute su scala nazionale

Adalberto Signore

da Roma

Garanzie sulla devoluzione, chiarimenti sulla riforma della legge elettorale e un confronto serrato su come spegnere in tempi brevi l'incendio che ormai da settimane divampa alla regione Lombardia. È questo il menù sul quale ieri sera si sono confrontati fino a tarda notte Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, presenti anche il governatore lombardo Formigoni, i tre ministri del Carroccio Calderoli, Maroni e Castelli e il segretario della Lega Lombarda Giorgetti. Un vertice a tavola nel rispetto delle tradizionali cene del lunedì di Arcore, allargato pure a altri interlocutori (il sottosegretario Aldo Brancher, l'ex ministro Giuliano Urbani e il direttore del Tg4 Emilio Fede). Un incontro che sì, si è concentrato sul caso Lombardia, ma che è stato pure il banco di prova della legge elettorale che la Camera inizia a votare oggi, una riforma fortemente voluta dal premier ma guardata con grande perplessità nella Lega che con il ritorno al proporzionale tout court verrebbe a perdere molto del suo potere d'interdizione. E' su questo punto che il confronto è andato avanti fino a ben oltre l'una di notte, condizionando in parte anche la trattativa sul Pirellone. Per Bossi l'ipotesi di sostituire l'assessore alla Sanità Alessandro Cè (privato delle deleghe da Formigoni) con Maroni (che lascerebbe il ministero del Welfare per andare a prendere un super assessorato Sanità-Lavoro-Famiglia) resta in piedi e il governatore lombardo, che nel suo entòurage raccontano molto infastidito dal fatto che la Lega pretenda e ottenga di trattare direttamente con il premier, avrebbe a malincuore aperto uno spiraglio. Verso l'una di notte, però, alla cosiddetta soluzione «di prestigio» (Maroni al Pirellone con una superdelega Sanità-Lavoro ma senza la Famiglia) sarebbe prevalsa la cautela del premier, preoccupato di aprire un nuovo fronte su scala nazionale con un altro avvicendamento al governo dopo la vicenda Siniscalco. Non a caso, nel corso della lunga serata Berlusconi ha più volte manifestato a Bossi forti perplessità, paventando un vero e proprio fuoco di fila dall'Unione e avvertendo il Senatùr che un gesto del genere sarebbe stato interpretato come un disimpegno della Lega dal governo. Ragioni per le quali a tarda notte ci si sarebbe indirizzati su una soluzione meno di rottura, con Cè reintegrato nel suo ruolo. Proprio ieri, intanto, Bossi ha rilasciato un'intervista alla Televisione Svizzera in lingua italiana, perché «qui siamo lontani mille chilometri da Roma» e le tv italiane sono «romanocentriche». Il Senatùr ricorda i primi anni in politica (Dc e Psi «li ha fatti scomparire la Lega») e dà uno sguardo al futuro («il Carroccio sarà sempre qui»). Ma parla pure delle questioni sul tavolo, dalla devoluzione («una necessità di questa società») all'ingresso di Ankara nell'Ue («non ho mai sentito dire che la Turchia è Europa, ogni giorno se ne scopre una nuova...») fino all'euro («è stato disastroso»).

Un pensiero anche ai giorni difficili: «Berlusconi è venuto a trovarmi parecchie volte. Mi ha detto che l'inizio della mia malattia ha segnato la fine del suo governo. Mi ha fatto piacere, ma non ero così importante...».

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