Ha vinto Giuliano Pisapia. E così sia. Ora Milano è nelle sue mani. E i milanesi in quelle di Pisapia. Per il centrodestra è già tempo di bilanci. Primo summit del Pdl con ministri (Ignazio La Russa e Mariastella Gelmini), il governatore Roberto Formigoni, il presidente Guido Podestà, il coordinatore Mario Mantovani, dirigenti, deputati, senatori e consiglieri convocato già ieri in viale Monza a risultati ancora caldi. «Nessuna resa dei conti», ripetono tutti come un mantra. Ma nessuno ci crede. Perché è chiaro che sono in molti a chiedere un restyling dell’organigramma. Sotto tiro i vertici, anche se il coordinatore regionale Mario Mantovani, appena nominato, assicura di non voler seguire l’esempio di quello nazionale Sandro Bondi ieri dimissionario. Ma l’attacco dell’anima ciellina del Pdl che non ha gradito i toni della campagna elettorale è già partito. «Le elezioni Regionali di un anno fa - spiega l’assessore Raffaele Cattaneo - erano andate in un modo molto diverso. C’è un modello di centrodestra che vince ed è quello di Formigoni. Quello che fa le cose, non quello delle polemiche e degli annunci che poi gli elettori puniscono». Messaggio chiarissimo. E, se ce ne fosse bisogno, c’è la tempestiva intervista a Linkiesta di un altro ciellino doc come Carlo Masseroli, anima del Pgt e dell’urbanistica nella giunta Moratti: «Faremo un’opposizione costruttiva, naturalmente. Quanto a me, beh, sono a disposizione. Capo dell’opposizione, perché no?». È la battaglia per il ruolo di capogruppo a Palazzo Marino. Mentre la guerra degli allievi di don Giussani è per avere più spazi nel partito. Pronti all’attacco anche gli ex an che da tempo chiedono congressi locali per decidere le cariche oggi assegnate dall’alto. «Il Pdl ha perso poca roba - dichiarava alla Stampa ieri mattina a urne ancora chiuse Ignazio La Russa fiutando la sconfitta -. La Lega ha avuto un risultato inferiore alle aspettative. Poi Milano è una città europea e ha risentito più di altre del vento che ha penalizzato tutti i partiti al governo in Europa». Accuse che scatenno l’ira di Umberto Bossi.
E di Matteo Salvini che, cifre alla mano, gli ha rinfacciato che «rispetto a cinque anni fa quando la Moratti vinse, il Pdl è passato da 250mila a 170mila voti, mentre la Lega è salita da 22mila a 60mila». Un rapporto, quello con la Lega, da ricucire. Come quello con i «futuristi» finiani. Anche se non aiutano le dichiarazioni di Manfredi Palmeri che parla di un «centrodestra vecchio e inadeguato che ha voluto perdere».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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