«Che tristezza dopo la batosta»

«Be’ debuttante, diciamo che ho una certa esperienza». Che non impedisce a Marilena Adamo (primo giorno al Senato) di ammettere «grande emozione per un luogo così austero». La passione politica, si legge nel suo sito, «nasce negli anni ’70 da giovane insegnante nella periferia milanese». Poi presidente del consiglio di Zona ad Affori, consigliere comunale, assessore all’Educazione dall’87 al ’90. Capogruppo in Regione, promuove la giunta rossoverde di Fiorella Ghilardotti ed è vicepresidente dell’assemblea fino al 2000. Ora è senatrice (ci tiene) ed ex capogruppo del Pd a palazzo Marino. «Il clima? Molto serio dopo che abbiamo perso anche il sindaco di Roma». Già cambiato casacca? Nemmeno per sogno. «Anzi. Aprirò un ufficio a Milano per ascoltare i cittadini. Voglio avere un ruolo modesto e umile, ma determinato. Mi conoscete, sono grintosa e difenderò chi mi ha eletta». Avesse la bacchetta magica? «Riforme istituzionali, un tema che i cittadini sentono un po’ lontano, ma fondamentale per la democrazia. E poi scuola e università. Non mi sembra proprio che questa destra sia attrezzata per affrontare un tema fondamentale per il futuro del Paese». E per Milano? «L’Expo». L’incontro che l’ha colpita di più? «Con Vannino Chiti.

Nel ’94-95 lui era presidente della Regione Toscana, Pierluigi Bersani dell’Emilia-Romagna e in Lombardia c’era Fiorella Ghilardotti. Avevamo già elaborato il testo del federalismo. C’era già tutto. Sono passati dieci anni e siamo ancora qui a discuterne. Quanto tempo perso a sinistra».

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