Marco Zucchetti
Per diventare Signore degli Anelli, Jury Chechi non ha conquistato Terre di Mezzo come nel romanzo di Tolkien. Per guadagnarsi quel titolo gli ci sono voluti oltre vent'anni di sacrifici e allori. Dalla prima vittoria nel campionato regionale toscano nel '77 al bronzo olimpico di Atene 2004, conquistato a quasi 35 anni. In mezzo l'oro di Atlanta, i quattro titoli europei e i cinque mondiali consecutivi agli anelli. A Vanessa Ferrari, per diventare Signora della Pedana, ne mancano quattro. La piccola cremonese sta studiando da leggenda e ora che tutta Italia abbraccia i suoi sedici anni per portarla in trionfo, ci si chiede se davvero Jury Chechi, il re della ginnastica italiana, abbia trovato una regina.
Jury, l'Italia ha trovato una stella. Si aspettava questo trionfo?
«Sapevo che le possibilità di fare bene c'erano. Vanessa aveva già mostrato grandi potenzialità agli Europei di Volos, ma una performance così eccezionale va oltre ogni più rosea aspettativa».
La ginnastica maschile ha sempre avuto una grande tradizione, mentre quella femminile no. Vanessa è un fulmine a ciel sereno?
«No, ci sono voluti anni di lavoro per forgiare finalmente una campionessa. Le componenti di questo successo sono due: da una parte la bravura sua e dei suoi tecnici, dall'altra il momento di crisi vissuto dalle federazioni di Paesi di grande tradizione ginnica come la Romania o l'ex Unione Sovietica. Ora per le atlete occidentali è un po' più facile vincere».
A proposito di maschietti: i nostri azzurri hanno deluso.
«Sì, in campo maschile le cose non sono andate bene. Non tanto a livello di squadra, dove pure il bilancio è negativo (l'Italia ha chiuso 12ª, ndr), quanto a livello di singoli. Nonostante le defezioni di Pozzo e Busnari, mi aspettavo di più. Soprattutto da Igor Cassina, anche se lui porta un esercizio difficile e l'errore fa parte dello sport».
Agli anelli invece nessuno sembra raccogliere la sua eredità.
«Gli anellisti non hanno fatto bene, è vero. Eppure hanno le carte in regola per vincere medaglie già dai mondiali di Stoccarda 2007».
Tornando a Vanessa, vede in lei la stoffa delle grandi ginnaste del passato?
«Una campionessa del mondo a neppure sedici anni deve avere qualcosa di speciale. Io la conosco poco, ma so di una ragazza coriacea e tenace, come sono state le grandi donne di questo sport».
Determinazione e talento. Ma anche un'ottima preparazione.
«L'allenatore nella ginnastica è fondamentale. Io devo molto al mio (Bruno Franceschetti, ndr). È indispensabile una figura che oltre ad essere una guida tecnica sappia darti un'impostazione mentale. Il lavoro di Enrico Casella con Vanessa si vede e - come sperimentato - dà ottimi frutti».
Vanessa ha solo 16 anni. Che rischi corre una campionessa così giovane?
«Spero che la giusta e meritata attenzione dei media non la distolga dagli allenamenti. Dipende da lei e da chi le sta intorno riuscire a gestire la pressione».
Pechino 2008 si avvicina. Deluso dal mondiale delle cinesi?
«Direi di no. Hanno vinto due ori prestigiosi (nel corpo libero e nel concorso a squadre, ndr). Soprattutto la vittoria a squadre, la prima nella storia della ginnastica cinese, mi ha impressionato».
Qualcuno maligna di una «ripulitura» dal doping...
«Malignità, appunto. La Cina, in vista di Pechino, fa molta paura..».
In cosa dovrà migliorare Vanessa?
«Sarà la donna da battere, avrà avversarie sempre più temibili. Non mi permetto di dare giudizi, ma forse dovrà cercare un approccio diverso alla trave: cade un po' troppo spesso...».
Per concludere, rivede in Vanessa qualcosa dello Jury Chechi eterno campione?
«Vedo la stessa grinta. Quando è caduta dalla trave ha rialzato la testa senza tante paturnie e drammi. A parte la determinazione, però, siamo troppo diversi. E poi lei è molto più carina...».
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