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Infortunio e malattia professionale: qual è la differenza

Infortunio e malattia professionale: qual è la differenza
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Durante l’attività lavorativa, possono verificarsi infortuni o malattie, che presentano differenti caratteristiche e modalità di trattamento, sia da parte del lavoratore che del datore di lavoro. Mentre i lavoratori autonomi devono, ad esempio, rivolgersi alle casse mutua di categoria, qualora vi siano iscritti, per i dipendenti, nella maggior parte dei casi, gli enti di riferimento sono Inps e Inail (che non preclude però l’iscrizione anche agli autonomi). Ma quali sono le differenze fra malattia e infortunio? E come vengono trattati? Cerchiamo di capirlo insieme.

Differenza fra infortunio e malattia

Per distinguere fra infortunio e malattia, bisogna tenere presenti due elementi fondamentali: l’origine della patologia e il contesto in cui si verifica.

L’infortunio ha una causa violenta e immediata, mentre la malattia ha una causa lenta e prolungata. Un infortunio si verifica, ad esempio, se un lavoratore si rompe un braccio cadendo da un’impalcatura; si parla invece di malattia professionale, se il lavoratore si rovina un legamento a causa del sollevamento di pesi.

L’infortunio è sempre collegato all’attività lavorativa, mentre la malattia può essere professionale (se sviluppatasi a causa del lavoro) o avere una causa esterna, come per patologie contratte al di fuori dell’ambiente lavorativo.

Vediamo di definire meglio le singole tipologie. L’infortunio è un episodio sul posto di lavoro che causa a un lavoratore danni fisici e/o psichici, che gli impediscono di continuare a lavorare per un periodo più o meno lungo, o ne causa, addirittura, il decesso. Gli infortuni da lavoro possono avvenire anche per colpa dello stesso lavoratore. In questi casi si ha ugualmente diritto alla copertura assicurativa dell'Inail.

C’è poi un altro tipo di infortunio di tipo lavorativo riconosciuto, quello in itinere, cioè l’infortunio che occorre al lavoratore durante il tragitto casa-lavoro o durante una trasferta. Qualora l’incidente avvenga durante una sosta o una deviazione lungo il tragitto casa-lavoro, si deve poter dimostrare che queste siano imputabili a cause di forza maggiore e improrogabili, o ancora all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti, e non devono esporre a rischi.

Rispetto all’infortunio sul lavoro, la malattia professionale non è causata da un episodio violento che abbia un effetto immediato, ma è piuttosto un evento dannoso che influisce sulla capacità lavorativa della persona e trae origine da cause connesse alla propria professione. La causa agisce lentamente e con gradualità sul lavoratore, può quindi manifestarsi anche dopo molto tempo. Fra gli esempi di malattia professionale, la sordità dovuta all’esposizione prolungata a forti rumori.

Per questioni di tutela, anche da eventuali azioni dolose, il sistema prevede che venga dimostrato un nesso di causalità tra le mansioni lavorative nocive e la malattia professionale. Sulla base di ciò, le malattie professionali si distinguono in tabellate e non tabellate: nel primo caso, il lavoratore non ha bisogno di dimostrare l’origine professionale della malattia, nel secondo può comunque dimostrare l’origine professionale della malattia, richiedendo l’assistenza dell’Inail.

La differenza conta anche per il datore di lavoro

Le differenze fra queste due condizioni sono importanti, oltre che per il lavoratore, anche per il datore di lavoro, a cominciare dalle responsabilità. La malattia ordinaria, infatti, non espone l’azienda ad alcuna conseguenza, dal momento che si tratta di una patologia contratta dal lavoratore al di fuori dell’ambiente lavorativo. Differente la situazione per l’infortunio sul lavoro e la malattia professionale, che presentano uno stretto legame con l’attività lavorativa e possono causare conseguenze anche sul piano penale, esponendo la società all’azione da parte dell’Inail per il recupero di quanto pagato al dipendente. La società può essere inoltre coinvolta in giudizio dal lavoratore per il risarcimento dell’intero danno subito.

Infortuni e malattia: procedure e tempistiche

In caso di infortunio sul lavoro il lavoratore ha l’obbligo di avvisare tempestivamente il datore di lavoro, il quale provvederà a inoltrare denuncia all’Inail, se si tratta di infortunio non guaribile entro tre giorni. Per infortuni con prognosi di almeno un giorno è necessario inoltrare la comunicazione di infortunio. Qualora il lavoratore si sia recato in ospedale o in clinica, sarà compito della struttura inviare il certificato all’Inail e al datore di lavoro.

In caso di malattia lavorativa, il lavoratore deve invece consegnare al datore di lavoro il certificato medico, entro 15 giorni dalla manifestazione dei sintomi della malattia. Anche in questo caso, il datore di lavoro è tenuto a trasmettere la denuncia all’Inail nei 5 giorni successivi a quello della consegna della segnalazione.

Infortunio sul lavoro: niente visite fiscali

In caso di malattia ordinaria, il datore di lavoro può richiedere all’Inps di effettuare visite fiscali: i medici incaricati, nelle fasce orarie previste, si recheranno al domicilio del lavoratore per verificare se effettivamente è ammalato. Qualora il lavoratore fosse invece assente per infortunio, sono possibili esclusivamente controlli d’ufficio, ma non è consentito all’azienda chiedere e ottenere visite fiscali da parte degli Istituti competenti.

Indennità: a quanto ammonta e chi la paga

Gli importi delle indennità a favore del lavoratore infortunato o ammalato cambiano a seconda dei casi. In caso di malattia comune, il lavoratore percepisce, a partire dal quarto giorno di assenza, un’indennità pari al 50% della propria retribuzione. Nel caso di infortunio e malattia professionale, invece, il lavoratore ha diritto al risarcimento dell’intero danno subito, sia sotto il profilo fisico e della salute, sia sotto quello economico e della propria capacità lavorativa.

In questi casi si percepisce un’indennità da parte dell’Inail e si può agire per il cosiddetto danno differenziale, chiedendo cioè all’azienda la parte di danno che la persona infortunata, o con malattia professionale, ritiene non sia già stata coperta dall’Inail.

In ogni caso, che si tratti di infortunio, malattia professionale o ordinaria, il lavoratore non perde il diritto a percepire lo stipendio, cambia però il soggetto che eroga il trattamento di infortunio.

Per la malattia ordinaria, il soggetto che sopporta i costi della sospensione della prestazione lavorativa è l’Inps, esclusi i primi tre giorni (il cosiddetto “periodo di carenza”), a carico del datore di lavoro. Per l’infortunio sul lavoro o la malattia professionale, a pagare l’indennità è l’Inail, ente pubblico preposto a gestire l’assicurazione sociale dei lavoratori contro l’infortunio e le malattie sul lavoro.

Malattia e infortunio: quando scatta il licenziamento

Esiste la possibilità di licenziamento per malattia. Si tratta del classico licenziamento per superamento del periodo di comporto (cioè il totale delle assenze per malattia effettuate da un lavoratore dipendente). Nei contratti collettivi di lavoro, tale periodo prevede un tetto massimo, superato il quale il lavoratore può essere licenziato. Tale eventualità riguarda però la malattia ordinaria, cioè una patologia ordinaria e non causata dall’attività lavorativa, per cui, invece, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per il periodo previsto dal contratto collettivo. Esaurito questo lasso di tempo, l’azienda può procedere al licenziamento del dipendente ammalato.

Per quanto concerne poi le assenze dovute a infortunio o a malattia professionale, quindi a patologie che hanno una precisa causa lavorativa, l’azienda non deve conteggiare tali giorni di assenza nel comporto, in quanto sono da ritenersi “neutre” e non consentono la riduzione dei giorni di conservazione del posto di lavoro.

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