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Seconda casa, quanto conviene comprarla?

Acquistare una seconda casa per metterla a frutto è una strategia di investimento e, come tale, comporta vantaggi, svantaggi e qualche rischio incalcolabile. Ecco di cosa tenere conto

Seconda casa, quanto conviene comprarla?
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Il mercato immobiliare sta attraversando una fase atipica. L’aumento dei tassi fa contrarre la domanda di mutui e, nonostante le difficoltà oggettive, rimane punto di riferimento per chi investe sul lungo periodo, cercando un rifugio che possa dimostrare una certa resilienza all’inflazione.

Una seconda casa, tuttavia, oltre a portare con sé costi e spese, nasconde alcune insidie che non possono essere calcolate e delle quali occorre tenere conto.

Seconda casa, conviene davvero?

L’acquisto della seconda casa non è un’operazione gravata soltanto dal mutuo in rapporto alle entrate che permette, tipicamente il pagamento dell’affitto da parte di chi ci vive.

Ci sono altre variabili di cui tenere conto, ovvero:

  • le imposte sulla seconda casa
  • le imposte sul reddito che genera
  • le spese di manutenzione
  • le spese condominiali
  • l’incognita inquilino

Sono tutte voci che vanno ad assottigliare il margine del proprietario. Hanno un peso diverso sul computo finale e, come vedremo, non sono tutte spese di poco conto.

Le spese da sostenere

Il mutuo, oltre al costo in sé, non ammette le detrazioni fiscali pari al 19% degli interessi passivi, al contrario di quanto accade con i mutui accesi per la prima casa. In aggiunta, un esborso di un certo peso è costituito dalle imposte.

L’imposta di registro equivale al 9% per chi acquista da un privato o l’Iva al 10% per chi acquista da un’azienda, mentre per la prima casa sono al 2% o l’Iva al 4%. Le imposte ipotecarie valgono il 2% del valore dell’immobile e quelle catastali sono pari all’1%. Nel caso della prima casa sono entrambe di 50 euro per chi acquista da un privato oppure entrambe di 200 euro per chi acquista da un’impresa.

Si tratta di differenze sostanziali delle quali occorre tenere conto. E non sono le uniche.

Non da ultimo, dal momento in cui si acquista la seconda casa, occorre versare l’Imu la quale è pari al 7,6 per mille (lo 0,76%).

C’è da tenere conto anche delle spese condominiali che gravano sul locatore (colui che concede l’immobile in affitto) e al cui proposito le leggi vigenti lasciano poco spazio di interpretazione e manovra.

Le imposte sugli affitti

I canoni d’affitto incassati dal locatore sottostanno a due logiche fiscali diverse, ossia quella dello scaglione Irpef che varia dall’importo della pigione (e può arrivare al 43%) oppure il regime della cedolare secca che prevede un’imposizione fiscale pari al 21%. Anche in questo caso, scegliere uno o l’altro regime, è questione di calcoli applicati al reddito totale del proprietario della casa.

I costi non calcolabili

Fino a questo momento abbiamo esaminato costi variabili per lo più calcolabili indicizzandoli all’importo del mutuo o al costo dell’immobile. Ci sono altre voci che rappresentano un vero e proprio rischio.

Tra queste figurano le spese di manutenzione, come per esempio gli interventi di riparazione dell’impianto di riscaldamento, e tutti quei costi che il proprietario deve affrontare per rendere perfettamente abitabile l’immobile quando lo concede in affitto al locatario. Ingenti o meno che siano, sono costi difficili da preventivare.

Tra gli altri rischi figura la morosità del locatario, considerando anche che una procedura di sfratto può essere lunga e costosa.

Tutti questi sono da considerare “rischi di impresa”: ricadono per lo più sulle spalle del proprietario dell’immobile, sono difficili da preventivare e meritano di essere considerati quando il locatore fissa il prezzo della pigione.

Non da ultimo un altro elemento di cui tenere conto: tra la fine di un contratto di locazione e l’inizio di un altro contratto, ossia da quando un inquilino lascia l’immobile fino al momento in cui un altro inquilino lo affitta, possono passare diversi mesi.

Un periodo che non esime il proprietario dal pagare le spese annesse all’immobile ma durante il quale non genera entrate.

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